E’ tornata in aula oggi a Sala d’Ercole la legge di Riforma delle Province. Il parlamento avrebbe dovuto discutere un emendamento firmato da tutti i capigruppo di maggioranza e da Forza Italia per adeguare la norma alla legge Delrio anche nell’unico passaggio in cui la legge siciliana si differenziava da quella nazionale ovvero il metodo di scelta dei sindaci delle città metropolitane. Dopo la seconda impugnativa arriva, dunque, anche la seconda modifica nonché la terza versione di una legge di riforma partita come prima in Italia e che arriverà al traguardo come l’ultima nel bel paese.

Ma mentre si discute di riforma da riformare ulteriormente scoppia la polemica su un altro aspetto della stessa vicenda ovvero i confini dei Liberi Consorzi di comuni. La norma stabiliva che dovevano essere proprio i Comuni a scegliere dove e con chi stare per dar vita ai liberi consorzi ma i loro desideri potrebbero essere del tutto disattesi. La polemica, infatti, impazza sulla ridefinizione dei confini dei liberi consorzi che era stata inserita in un disegno di legge apposito che ieri è stato bocciato dalla commissione Affari Istituzionali. Vi si prevedeva il transito di Gela, Piazza Armerina e Niscemi alla città metropolitana di Catania e di Licodia Eubea a Ragusa.

Con la bocciatura di questa proposta di legge c’è il rischio concreto che, una volta approvata la nuova rimodulazione della Riforma, Liberi consorzi e città metropolitane nascono sulla base proprio delle vecchie province. Insomma abbiamo abolito 9 province e daremo vita a 3 città metropolitane corrispondenti con i territori delle province di Palermo, Catania e Messina, e a 6 liberi consorzi che liberi non sono perché corrisponderanno ai territori delle ex province di Siracusa, Ragusa, Enna, Caltanissetta, Agrigento e Trapani.

La Sicilia si conferma terra gattopardesca dove cambiare tutto per non cambiare nulla, almeno dal punto di vista della definizione territoriale delle ex province.

Ma la seduta nel corso della quale si sarebbe dovuta trattare la riforma per poi proseguire con il ddl stralcio della mini finanziaria è saltata. Convocata per le 11, poco dopo l’apertura il presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone ha sospeso la seduta ed ha rinviato tutto a martedì per l’assenza del governo.

“Trovo quanto accaduto indecente e inaccettabile – dice Antonio Malafarina del Psi – è vero che il governo era fisicamente assente in aula ma Crocetta e gli assessori erano nei corridoi e stavano arrivando e il presidente Ardizzone era stato informato di questo. L’intransigenza del presidente dell’Ars rinvia di una settimana leggi importanti ed attese. Non mi sembra proprio un atteggiamento accettabile”.

“Stigmatizziamo l’odierna assenza del governo in Aula, che ha impedito di fatto l’approvazione della norma sulle province – dicono invece Marco Falcone e Totò Cordaro capigruppo di Forza Italia e Pid -. Ci troviamo purtroppo di fronte a un comportamento ben poco istituzionale, contraddistinto da una litigiosita’ tutta interna alla maggioranza e al Pd, che ha creato una paralisi, lasciando ancora nel limbo gli enti, i lavoratori e le aspettative dei territori. Martedì 10 maggio alle 11, in conferenza stampa a Palazzo dei Normanni, esporremo le nostre posizioni per dare una soluzione definitiva ad una vicenda che se non fosse tragica sarebbe veramente ridicola”