Politici e megistrati dovevano essere "tolti di mezzo"

Trattativa Stato-mafia, Cosa nostra voleva uccidere Calogero Mannino

Riprende il processo sulla trattativa Stato-mafia davanti alla Corte d’assise d’Appello di Palermo. Oggi sono stati sentiti, in videoconferenza, i pentiti Giovanni Brusca e Gioacchino La Barbera. Tra gli accusati di questo lungo e articolato procedimento ci sono anche il generale Mario Mori e Marcello Dell’Utri, entrambi assenti.

“Dopo la sentenza definitiva del maxiprocesso Cosa nostra aveva intenzione di uccidere magistrati e politici – ha rivelato Brusca -. Dovevamo togliere di mezzo giudici come Falcone e Borsellino, ma anche politici come Martelli, Vizzini e Mannino”.

Rispondendo alle domande dei pg Sergio Barbiera e Giuseppe Fici, l’ex boss di San Giuseppe Jato, parla della “reazione di Cosa nostra” dopo la sentenza del maxi che decapitò i vertici di Cosa nostra. “Dopo la sentenza definitiva – aggiunge Brusca – serviva un futuro aggancio politico, e politici come Calogero Mannino dovevano essere tolti di mezzo perchè, in parte, non aveva mantenuto gli impegni. Anche se di questo se ne occupava Totò Riina. Poi Mannino andava ucciso perchè una volta non si mise a disposizione per un aggiustamento di un processo, quello per l’omicidio del capitano Basile”.

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Alla Domanda del pg come avesse appreso queste circostanze Brusca replica: “Queste cose le ho apprese da mio fratello, ma anche da Riina”. “Il progetto omicidiario dell’onorevole Mannino fu poi stoppato, a  me lo disse Salvatore Biondino. Con Riina non ne parlammo”.

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