Luogo di narrazione più che di esposizione, nel quale raccontare un’epoca della città e il suo lascito ancora tangibile. Luogo di riscatto del vuoto generato dalla speculazione edilizia protagonista del “sacco di Palermo”.

Così giovani professionisti, studiosi ed esperti, alcuni dei quali di fama mondiale, hanno disegnato il “Museo della città Liberty” di Palermo durante la settimana di studi che sabato sera ha consegnato al dibattito pubblico quattro proposte progettuali, a conclusione di un evento organizzato nel capoluogo dall’Ordine degli Ingegneri della provincia di Palermo per conto dell’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana.

L’iniziativa è stata voluta e finanziata dalla Regione per fissare le linee guida e i criteri sulla base dei quali bandire il concorso per la progettazione del nuovo polo culturale, nella prospettiva di recuperare un autentico luogo della memoria: l’area di piazza Crispi su cui sorgeva villa Deliella, opera Liberty di Ernesto Basile demolita sessanta anni fa durante la stagione del cosiddetto “sacco di Palermo”. Un disegno fortemente sostenuto dall’ex assessore Sebastiano Tusa (scomparso nel marzo scorso e più volte ricordato durante le sei giornate) e la cui attuazione richiederà anche l’acquisizione dell’area (a oggi privata) da parte delle autorità competenti.

Oltre 20 giovani ingegneri e architetti (più una laureata in Comunicazione), divisi in gruppi e sotto la guida di otto tutor esperti, hanno lavorato per quattro giorni nell’ex Convento della Magione per tradurre le indicazioni iniziali, fornite da un bando di selezione, in possibili soluzioni progettuali, messe poi nero su bianco con tanto di rappresentazioni grafiche e tridimensionali.

Proposte diverse, ma con alcuni punti cardine in comune. Innanzitutto il ritrovamento, con uno scavo, e la valorizzazione della componente archeologica, costituita dai ruderi del piano seminterrato di Villa Deliella la cui esistenza nel sottosuolo è nota agli esperti. Poi la configurazione contenuta delle nuove cubature, le ampie pedonalizzazioni, l’estensione del verde con richiami alla vegetazione “d’epoca” e, in generale, la forte relazione con il contesto urbano e architettonico circostante, guardando al sistema delle piazze Crispi e Mordini, all’asse di via Libertà, alla via Notarbartolo, al Giardino Inglese, alle altre ville storiche e anche all’area portuale, visto che il futuro “Museo della città Liberty” potrebbe essere il primo approdo culturale per chi arriva a Palermo dal porto.

Tra venerdì e sabato sera (prima a Palazzo Chiaramone Steri, poi al Real Teatro Santa Cecilia), la presentazione degli elaborati prodotti dal “Workshop Villa Deliella 1959-2019”, il contributo di idee offerto dagli esperti e infine il dibattito con le istituzioni e le associazioni.

“Sono state giornate di dibattito aperto e autentico – ha detto Vincenzo Di Dio, presidente dell’Ordine degli Ingegneri della provincia di Palermo – e si sono accesi i riflettori sulla prospettiva di un nuovo portale culturale che sarebbe una grande occasione per la città di Palermo e la Sicilia. Un’occasione da cogliere a mio avviso tenendo nella giusta considerazione la posizione dei privati proprietari, che non vanno visti come controparte ma anzi come possibili protagonisti di un processo virtuoso di trasformazione dell’area, e sia la normativa vigente che la legge urbanistica in itinere possono offrire gli strumenti appropriati. Il Liberty è un tesoro da valorizzare e la figura di Ernesto Basile, dichiarato icona urbana dal Consiglio Comunale, potrebbe essere al centro di un’opera di identificazione simile a quella realizzata con successo in altre grandi città d’Europa. E c’è anche l’occasione per fare della vicenda di Villa Deliella un caso di memoria di vita vissuta, affinché scempi come quelli compiuti durante il «sacco di Palermo» non si ripetano”.

A offrire un punto di vista sono stati chiamati alcuni esponenti di studi di progettazione di fama mondiale. “Il concorso di progettazione, che è la via maestra, va fatto presto perché con il tempo certe onde positive poi tendono a esaurirsi – ha sottolineato Mario Cucinella – e non si può prescindere dal partenariato tra pubblico e privato”. Autorevole riferimento nel mondo in materia di progettazione sostenibile, Cucinella ha posto l’accento sull’importanza di “un uso attento dei materiali e degli spazi esterni, considerando attentamente la presenza di corpi vicini per una progettazione climatica che generi qualità tutto intorno, come in una sorta di contagio”. “Oggi – ha aggiunto Cucinella – per fare edifici energeticamente attivi, carbon neutral e intelligenti è possibile utilizzare moderni strumenti di complicità con il clima, riprendendo le antiche conoscenze e aggiungendo quello che serve di tecnologia”.

Sul rapporto edificio-ambiente si è soffermato a lungo l’architetto Pierandrea Angius (associato dello studio londinese fondato da Zaha Hadid), che sull’interesse verso le forme organiche e la natura come elemento stilistico ha tracciato un parallelismo tra il lavoro di Ernesto Basile e lo Science museum London – Maths gallery. Dalle sue parole un’ulteriore suggestione, citando l’esempio della Serpentine Sackler Gallery: “Il futuro può anche essere più forte del passato – ha detto – ma il passato è fonte di informazioni preziose. La storia va conservata come elemento fisico, ma può essere conservata anche come elemento virtuale: gli strumenti di oggi permettono visualizzazioni che rispecchiano sempre di più la realtà, e la realtà virtuale diventa sempre più reale. Testare nuove idee è il solo modo per innovare”.

“Il museo è un sistema di narrazione persuasiva – ha detto l’architetto Gianluca Peluffo – un dispositivo che mette in contatto il singolo e la collettività. L’architettura è quel luogo fisico della città in cui, attraverso il collegamento a spazialità e a temi narrativi, come può essere il Liberty, si crea quella relazione, e lo scambio scaturito dal percorso narrativo determina la «costruzione del cittadino»”.

Dalle due giornate di convegno anche alcuni cenni a possibili sviluppi ravvicinati. “Lo spazio museale di Villa Deliella – ha osservato l’urbanista Maurizio Carta – potrebbe raccontare la città ed essere un primo germoglio di quel museo-città che Palermo può diventare con le sue strade, i suoi edifici e gli spazi aperti. La questione è anche urbanistica, e sta nel riconoscimento che quell’area ha rilevanza di bene comune. E sarebbe bello se già da subito al posto degli attuali manifesti pubblicitari arrivassero le immagini delle idee progettuali prodotte dal workshop, un modo per preannunciare il cambiamento che sta arrivando”.

E Lina Bellanca, Soprintendente ai Beni Culturali e Ambientali, ha sottolineato il ruolo propulsivo degli strumenti di pianificazione territoriale. “I vincoli urbanistici – ha detto – sono molto più efficaci di quelli monumentali in casi del genere, perché la monumentalità sarebbe difficile da dimostrare dato che la villa non c’è più e che dei manufatti originari restano solo la casa del custode e un frammento di ringhiera”.

Un excursus del docente universitario Ettore Sessa sul Liberty ha aperto le due giornate di dibattito, preceduto dai saluti istituzionali tra cui quelli del sindaco Leoluca Orlando, del dirigente regionale del dipartimento Beni Culturali e Identità Siciliana, Sergio Alessandro, del rettore Fabrizio Micari e del presidente dell’Ordine degli Architetti di Palermo Franco Miceli, che ha sottolineato come la realizzazione dello spazio museale nell’area di Villa Deliella sia la chance per iniziare a colmare a Palermo il deficit di architettura contemporanea. Durante la tavola rotonda intitolata “Incontro con la città”, moderata dalla giornalista Maria Pia Farinella, sono intervenuti anche l’assessore comunale all’Urbanistica Giusto Catania, Salvare Palermo, Italia nostra e Amici dei musei siciliani.

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