Operazione Tonsor della guardia di finanza di Palermo. Sono state eseguite cinque misure cautelari e sequestrati beni per 500 mila euro ad altrettanti soggetti accusati di associazione a delinquere, esercizio abusivo dell’attività finanziaria, usura, estorsione e autoriciclaggio.
Di questi uno è finito in carcere, tre ai domiciliari e uno ha il divieto di dimora nel territorio del capoluogo siciliano. Il provvedimento è del gip di Palermo le indagini sono state coordinate dalla procura.
Gli indagati nell’operazione
In carcere è finito Salvatore Cillari , 63 anni. A i domiciliari Gabriele Cillari, 34 anni, Matteo Reina, 61 anni, e Giovanni Cannatella, 49 anni. Nei confronti di Achille Cuccia, 61 anni, è stata invece applicata la misura del divieto di dimora nel territorio del Comune di Palermo. Il capo era Salvatore Cillari, fratello di un boss ergastolano. Era lui a gestire la banda di usurai che per anni ha prestato denaro a tassi che arrivavano al 140% a decine di vittime: imprenditori, professionisti, antiquari e nomi eccellenti dello spettacolo come il conduttore Marco Baldini.
Cillari è finito in carcere, ai domiciliari il figlio Gabriele, che riciclava i soldi sporchi intascati con l’usura investendo in un locale alla moda nel quartiere Capo, a pochi metri dal palazzo di giustizia di Palermo. Il ristorante, “L’Acerba”, è stato sequestrato. Dell’organizzazione facevano parte anche Matteo Reina e Giovanni Cannatella, anche loro finiti ai domiciliari e Achille Cuccia che ha avuto il divieto di dimora a Palermo. La banda operava tra Palermo e Roma. Cillari era di casa nella Capitale come risulta dalle intercettazioni.
Le vittime dell’usura
Fra le vittime, anche il conduttore radiofonico Marco Baldini, che già altre volte era finito nelle grinfie degli strozzini. Dalle intercettazioni è emerso che nel giugno 2018 doveva dare ancora 60 mila euro a Cillari. Insieme a Baldini ci sono antiquari, commercianti, professionisti. Un giro vorticoso di prestiti che spesso finiva con continue richieste e minacce.
Le indagini e le intercettazioni
“Ora domenica parte – un complice raccontava l’ultima chiamata di Cillari a Baldini – ci ha telefonato… vedi che sto salendo, ti sto venendo a rompere le coma”. Nelle intercettazioni sono finite anche le telefonate fra l’usuraio e il conduttore. “Sti soldi, com’è finita Marco? Manco una lira”, diceva lo strozzino. Era il gennaio 2017. “Domani ci vediamo, stai tranquillo”, rispondeva Baldini. Tre mesi dopo, i toni di Cillari erano più pesanti: “Mi dai sempre delle notizie, poi sempre mi lasci in asso”. E ancora: “Tu dici che dovevi prendere i soldi, sono passati sette mesi, non prendi nulla. Marco io so solo una cosa, ti ho fatto solo del bene a te… Lo sai quanto ti voglio bene e quanto ti ho aiutato”. Nel giugno 2018, una nuova telefonata dell’usuraio: “Ora basta, sono passati anni. Ora basta Marco. Mercoledì sono a Roma e ci sto fino a venerdì”.
Le indagini sono state condotte dal nucleo di polizia economico – finanziaria di Palermo, diretto dal colonnello Gianluca Angelini nel periodo tra novembre 2019 e dicembre 2020, con l’ausilio di intercettazioni telefoniche e ambientali, appostamenti, pedinamenti, videoriprese, esami dei flussi finanziari. Secondo quanto accertato dai finanzieri l’organizzazione criminale a partire dal 2016, avrebbe erogato prestiti di denaro con l’applicazione di tassi di interesse anche di tipo usurario nei confronti di tantissime persone nell’area palermitana e romana, per un ammontare complessivo pari a circa 150.000 euro. Parte dei proventi illeciti sarebbero stati poi “autoriciclati” dal figlio di uno degli indagati, attivo “collaboratore” del padre nelle azioni criminali, in un’attività economica nel settore della ristorazione nel pieno della “movida” palermitana. Altri indagati avrebbero agito a vario titolo come intermediari per erogare prestiti di denaro, entrando in contatto con le “vittime”, proponendo “piani di rientro”, nonché veicolando “messaggi” per il rispetto della scadenza delle rate concordate.
I sequestri agli indagati
Secondo gli specialisti del gico a spingere le vittime è stato il grave stato di bisogno vissuto che hanno chiesto i prestiti di denaro, proseguiti anche nel periodo del lockdown causato dall’emergenza epidemiologica da Covid-19. E’ stato scoperto un un sistema professionale basato sul rilascio di assegni postdatati utilizzati a garanzia dei prestiti erogati, nonché su dazioni in contanti, prive di qualunque tipo di tracciabilità, con l’obiettivo di “schermare” i passaggi di denaro. Ai prestiti sarebbero stati applicati tassi di interesse che sarebbero arrivati fino al 140% annuo, per ottenere i quali gli indagati hanno esercitato anche minacce nei confronti delle vittime. I militari attraverso il controllo delle banche dati tra cui il noto applicativo Molecola hanno accertato la sproporzione tra i beni nella disponibilità degli indagati e i redditi dichiarati. Il gip ha disposto il sequestro dei locali di un ristorante nel quartiere “Capo” di Palermo; altri due immobili, una moto e conti correnti.
Il comandante provinciale della Guardia di Finanza di Palermo
“L’operazione odierna dimostra il costante interesse delle organizzazioni criminali ad inquinare il tessuto economico legale mediante l’utilizzo di capitali illeciti. La strutturata attività di usura degli indagati si è intensificata durante il periodo del primo lockdown causato dall’emergenza pandemica, sfruttando senza scrupoli il periodo di crisi economica a danno di piccoli commercianti in difficoltà. Purtroppo dispiace registrare che le vittime non sono state collaborative con gli investigatori nonostante le pressanti intimidazioni e minacce subite dagli usurai. Ribadisco ancora una volta che l’unico modo per uscire dalla morsa dell’usura, così come dell’estorsione, è denunciare questi criminali”. Lo dice il generale Antonio Quintavalle Cecere, comandante provinciale della guardia di finanza di Palermo in merito all’operazione Tonsor che ha portato in carcere quattro indagati accusati di usura ed estorsione.
Il comandante del nucleo di polizia economico finanziaria di Palermo
“I rischi di usura sono sensibilmente aumentati a seguito della crisi economica connessa all’emergenza sanitaria ancora in atto e per questo l’impegno investigativo è costante per contrastare ogni tentativo della criminalità di strumentalizzare le difficoltà di famiglie e imprese per ottenere ulteriori profitti. L’usura rappresenta una forma di investimento sicuro per la criminalità, in grado di generare in poco tempo guadagni elevatissimi che spesso vengono utilizzati anche per finanziare attività commerciali, inquinando il tessuto economico sano con capitali illeciti che alterano le regole del mercato e della sana concorrenza, a danno degli operatori economici onesti, la cui tutela rappresenta una priorità dell’azione della Guardia di Finanza. L’usura continua ad essere purtroppo un reato che difficilmente si denuncia – conclude – ma l’omertà e la distorta percezione del rapporto tra vittima e usuraio rappresentano i migliori alleati dei criminali: affidarsi con fiducia alle Istituzioni rappresenta invece l’unica strada per sottrarsi al giogo degli usurai che contrariamente a come possano presentarsi, in breve tempo, si manifestano sempre come aguzzini senza scrupoli. Evidenze investigative lasciano intendere come le vittime possano essere molte di più di quelle già individuate. L’invito è quindi a chiunque si fosse trovato coinvolto in tali pratiche illecite di contattarci al fine di trovare insieme ogni possibile soluzione di supporto, anche grazie l’accesso ai fondi dedicati alle vittime di questo odioso reato”. Lo dice Gianluca Angelini, comandante del Nucleo di polizia economico-finanziaria in merito all’operazione Tonsor che ha portato in carcere quattro indagati accusati di usura ed estorsione.
Commenta con Facebook