Niente da fare. Anche quest’anno è stata la solita storia. I quartieri popolari di Palermo hanno raccontato l’ennesima scia di fiamme alimentata dalle consuete ed incontrollabili vampe di San Giuseppe. La prevenzione non sembra aver avuto l’efficacia sperata, nonostante i punti oggetto di tale fenomeno siano ormai noti. Il bilancio parla di tre agenti feriti, diversi lanci di sassi e bottiglie nei confronti delle forze dell’ordine, roghi incontrollati e che hanno danneggiato auto e beni pubblici. Insomma, praticamente un disastro.

Le aggressioni alle forze dell’ordine

Anche quest’anno, vigili del fuoco e forze dell’ordine sono stati chiamati agli straordinari, costretti a correre da una parte all’altra della città. Ciò nonostante gli evidenti problemi di organico che, prima o poi, dovranno essere affrontati per una città come Palermo. “Al Corpo della Polizia municipale, alle forze dell’ordine e ai Vigili del fuoco va il nostro ringraziamento per le numerose operazioni nei quartieri della città per contrastare il fenomeno illegale delle vampe”, hanno dichiarato congiuntamente ieri il sindaco Roberto Lagalla e l’assessore Dario Falzone in merito a quanto avvenuto in quel di Brancaccio. Episodio nel quale non solo sono stati bruciati dei cassonetti, nonchè perfino un’auto, ma nel quale inoltre alcune agenti della polizia municipale sono state vittime di una vile aggressione.

Prevenire, reprimere o programmare?

Quello di Brancaccio non è certamente stato il singolo episodio avvenuto in città. Sono stati tanti purtroppo i gesti di vandalismo nel capoluogo siciliano. Quello più grave è accaduto in quel di Ballarò, dove un folto gruppo di giovanissimo ha effettuato un fitto lancio di bottiglie nei confronti degli agenti della polizia municipale. Fatto purtroppo replicato qualche ora dopo nei pressi dell’ospedale Civico. Al di là del singolo caso, è sembrata mancare una vera e propria strategia di gestione. Una sorta di piano mastro da seguire per spegnere le fiamme sul nascere. O per gestire questo rito atavico e che sembra inarrestabile. Non è la prima volta che ciò accade. Ne sono esempi viventi sia l’ordinanza anti-botti di Capodanno che quella relativa ai falò di Ferragosto. Entrambe palesemente calpestate. Senza controllo, regna il caos. E nel caos, gli atti dell’Amministrazione rischiano di trasformarsi in fiumi di parole praticamente inefficaci. E a giovarne non possono che esserne gli incivili.

Un fenomeno da gestire

Dallo Sperone allo Zen, da Borgo Vecchio a Borgo Nuovo, dal centro alla periferia. Nessuna realtà popolare del capoluogo siciliano è stata esentata dal fenomeno delle vampe di San Giuseppe. Tradizione della cultura popolare a cui soprattutto le nuovi generazioni non vogliono proprio rinunciare. Scavando nel passato, il rapporto fra l’uomo e il fuoco è stato spesso contraddistinto da elementi mistici, legati molto alle credenze popolari e al mito. Un legame quasi viscerale che l’attuale modus operandi non sembra riuscire ad estirpare. Così come sono fatte adesso, le vampe di San Giuseppe sono pericolose e dannose per la salute pubblica, soprattutto quando le stesse vengono realizzate nel pieno di centri abitati. Ma forse una strategia alternativa potrebbe essere possibile, magari regolamentando la tradizione attraverso la predisposizione di spazi e di materiali sicuri. Chissà. Ad oggi rimane solo un dato, ovvero la lunga scia di danni che, anche quest’anno, le vampe di San Giuseppe hanno lasciato.

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