In centinaia ieri nel tardo pomeriggio hanno preso parte al presidio indetto dal Coordinamento contro la guerra davanti il Consolato generale americano per manifestare il forte dissenso alle politiche degli Stati Uniti e l’utilizzo della Sicilia quale portaerei nel Mediterraneo. “La Sicilia non è zona di guerra”, “Fuori le basi Usa e Nato dalla nostra terra” sono i cori intonati dai manifestanti.
L’uccisione del generale iraniano Soleimani ha riacceso il conflitto in Medio-Oriente e fatto riprecipitare la già precaria stabilità politica internazionale in una crisi che potrebbe condurre a grossi smottamenti anche alle nostre latitudini. Mentre c’è chi paventa addirittura il rischio di una terza guerra mondiale, c’è chi come sempre guarda i conflitti in maniera distaccata.
“Organi di stampa e social vengono utilizzati abilmente per evitare che la gente si renda cosciente del coinvolgimento dell’Italia e della colonia Sicilia – scrivono dal coordinamento contro la guerra .- all’interno dello scacchiere imperialista statunitense. Il governo italiano sta provando in tutti i modi a sminuire la situazione. Conte ci ha tenuto a precisare che l’Italia non ha un ruolo da protagonista in questo conflitto, palese è l’interesse di far percepire lo scontro USA – Iran come qualcosa che riguarda solo l’impegno militare dell’esercito in Iraq, un impegno che non riguarda i nostri territori, la nostra vita quotidiana. Così, nei fatti, non è”.
Il Comitato lancia un allarme e una preoccupazione “Considerando i precedenti e il numero di basi e installazioni militari presenti sul territorio siciliano, pare plausibile che i droni utilizzati per l’attacco al generale iraniano siano partiti da Sigonella e siano stati pilotati attraverso il sistema satellitare Muos di Niscemi. In generale, risulta evidente quanto la Sicilia sia profondamente interna a questo conflitto e a tutte le guerre intraprese dagli USA in Medio Oriente e non solo”.
“Lo spazio aereo siciliano è totalmente controllato dagli USA, così come quello terrestre e quello portuale – sostiene una nota -. Vi sono intere zone completamente sotto la giurisdizione americana, il cui accesso è interdetto alla popolazione. Alla luce di questo è sempre più concreta l’idea di un coinvolgimento diretto della Sicilia e dei suoi abitanti in una guerra non scelta e non voluta dagli stessi. Il rapporto coloniale che lega la Sicilia all’Italia, la quale ricopre, a sua volta, un ruolo di vero e proprio fantoccio nei confronti degli Stati Uniti, lo rende reale”.
“Sigonella, provincia di Catania, è base militare, l’aeroporto di Palermo Punta Raisi è base saltuaria dell’Usaf – ricordano dal Coordinamento – portaerei, fregate missilistiche e navi munizioni di Stati Uniti e NATO approdano anche nei porti “commerciali” di Palermo, Messina e Catania, così come caccia e bombardieri sono autorizzati a utilizzare gli scali di Fontanarossa, Palermo-Punta Raisi, Trapani Birgi, Pantelleria e Lampedusa; Isola delle Femmine ospita un deposito munizioni Usa e Nato. Augusta, in provincia di Siracusa, costituisce il principale centro di rifornimento di carburanti e armi della Marina militare USA nel Mediterraneo. A Motta S. Anastasia, Caltagirone, Monte Lauro, Centuripe, Marina di Marza si trovano stazioni di telecomunicazioni Usa. Niscemi ospita la base del NavComTelSta (comunicazione Us Navy). Infine a Trapani si trova un’altra base Usaf con copertura Nato, nell’Isola di Pantelleria (Tp) un centro telecomunicazioni Us Navy, base aerea e radar Nato, mentre a Lampedusa (Ag) una base della Guardia costiera Usa”.
“Nonostante risulti complesso delineare con precisione il ruolo che l’Isola ricopre in questo conflitto – concludono dal coordinamento – gli ultimi avvenimenti devono comunque richiamare l’attenzione sul tema della guerra, sul coinvolgimento dei Governi e sull’estraneità dei popoli alle decisioni dei pochi. I siciliani non resteranno a guardare.
Tante sono state le lotte negli anni contro la presenza di queste basi. Lotte che si rinnovano più che mai in queste fasi in cui si palesa il loro ruolo esecutivo nelle politiche imperialiste e guerrafondaie degli USA. La manifestazione di oggi ne è un esempio”.
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