Ha visto la luce solo oggi la riforma elettorale per gli enti locali, una legge che certamente lascerà degli strascichi per come si è sviluppato il dibattito in aula.

La maggioranza, e nello specifico il Pd, porta a casa un risultato che per larga parte coincide con ciò che aveva immaginato ancor prima dell’intesa, poi sfumata, con Forza Italia.

Ma politicamente va registrata soprattutto la convergenza ritrovata su tutta la linea fra i dem e l’Udc, anche se, su questo punto, c’è chi sospetta un’azione di controllo maggiore dei partiti sui sindaci specie quelli in carica che già hanno espresso non pochi malumori.

Le opposizioni sono state durissime durante le dichiarazioni di voto e da più parti si è detto che le regole andavano scritte assieme.

Per Fausto Raciti, segretario regionale del Pd, è una “legge più coesiva, più democratica, più equilibrata”.

Eppure, proprio il massimo dirigente isolano dei dem aveva storto il muso quando la prima commissione aveva cancellato i ballottaggi oppure quando si ipotizzava di fissare al 50 per cento il quorum per sfiduciare un sindaco (finora è stato dei due terzi del consiglio comunale).

“Sono soddisfatto – dice Raciti – anche dell’atteggiamento avuto rispetto ai punti sui quali non si potevano fare passi indietro come la doppia preferenza di genere, una soglia più alta della legge nazionale per la sfiducia dei sindaci e l’esigenza di mantenere, seppur rivista, una soglia per il ballottaggio”.

Alice Anselmo, capogruppo del Pd, esulta: “Siamo soddisfatti per il risultato ottenuto: nell’esame della riforma la maggioranza ha dimostrato compattezza ed è stato portato avanti un dialogo costruttivo con le altre forze politiche, come è giusto che sia quando si discutono riforme di questo tipo. Dispiace che invece il Movimento 5 Stelle abbia scelto l’auto-isolamento per ragioni di pura propaganda. I grillini hanno saputo dire solo ‘no’ – conclude Anselmo – peccato, hanno perso un’occasione di confronto sulle regole della democrazia”.

Proprio i Cinquestelle, che hanno battezzato la legge “Truffarellum” esponendo anche dei cartelli in aula, sono stati critici già da quando il ddl uscì dalla commissione per tutti esponenti grillini era la ‘norma anti-5stelle’.

Oggi dopo il voto finale hanno affermato: “Ora i siciliani sanno cosa mettere dentro la pentola. Si tratta di una occasione persa per migliorare una legge di cui i siciliani non sentivano l’esigenza”.

“Ogni commento – ha detto Giancarlo Cancelleri – è superfluo e il nome con cui abbiamo battezzato questa legge la dice tutta sulla sua essenza, una legge inutile, anzi dannosa pianificata a tavolino dai partiti per cercare di truccare le regole del gioco a proprio vantaggio. Volevano pure togliere i ballottaggi, ma hanno capito che l’effetto boomerang contro di loro sarebbe stato fortissimo e hanno fatto marcia indietro. Ma i siciliani hanno capito lo stesso e, dentro la cabina elettorale, gliela faranno pagare cara”.

E’ durissimo, invece, il commento di Nello Musumeci, leader di #diventerabellissima che parla di ‘minaccia in stile mafioso’.

Secondo l’esponente dell’opposizione “l’obiettivo della maggioranza dell’Ars non sono i Cinque Stelle. Il vero obiettivo sono tutti quei sindaci, amministratori e uomini politici che hanno consenso a prescindere dai partiti e che questi vogliono normalizzare, obbligare alle alleanze e poi ricattare con l’abbassamento del quorum sulla sfiducia: insomma, è una minaccia in stile mafioso, un incaprettamento in piena regola. Dimenticano la regola fissa iniziata con il referendum di Segni: chi fa le leggi per sé alla fine perde le elezioni…”.

Anche il capogruppo di Forza Italia, Marco Falcone è critico: “E’ una legge che non migliora nulla, ma che serve soltanto a PD e maggioranza come prova di edonismo narcisista”

“Partito Democratico e UDC – osserva – hanno invece voluto utilizzare questa norma come strumento di coercizione nei confronti dei sindaci, attribuendo alla politica, quella con la p minuscola, maggiori poteri su chi è stato eletto direttamente dal popolo. Grazie a Forza Italia abbiamo evitato che almeno i sindaci dei comuni al di sotto del 15 mila abitanti fossero ostaggio dei consigli comunali, nel contempo è stato altrettanto sbagliato impedire ai bravi amministratori di essere candidati per la terza volta, limitando di fatto la libertà degli elettori”.

L’aula, come previsto, sta andando avanti con le variazioni di bilancio a cui sono stati presentati 225 emendamenti.