Arriva la cellula della vita, capsula tecnologica per produzioni a basso impatto. Sarà realizzata a Palermo e a Sfax (Tunisia) all’interno un sistema acquaponico a ciclo chiuso, automatizzato, climaticamente autonomo e autosufficiente dal punto di vista energetico. Fornirà contemporaneamente ortaggi e pesci per scopi sia alimentari che di altro genere, e potrà farlo dovunque perché trasportabile in pezzi da montare, climaticamente autonoma, dotata di elettronica di controllo avanzata e autosufficiente sul piano energetico.
Il progetto Celavie
Si chiama Cellula della vita (ufficialmente “CEllule technologique de LA VIE”) ed è il vivaio portatile sperimentale ideato attraverso il progetto Celavie, finanziato dall’Unione Europea all’interno del Programma di cooperazione transfrontaliera Italia-Tunisia 2014-2020 e attuato dal CORERAS – Consorzio regionale per la ricerca applicata e la sperimentazione (ente capofila) insieme con l’Université de Sfax, il Consiglio nazionale delle ricerche – CNR (presente con i propri istituti IAS, IBBR e ISMed), la Green Future s.r.l., l’Union tunisienne de l’agriculture et de la pêche – UTAP e l’Association de la continuité des générations – AGC. Il budget complessivo è di 975.688 euro, di cui il 10% finanziato dai partner del progetto con risorse proprie. Sono partner associati il GAL Elimos, l’Ente di sviluppo agricolo – ESA, l’Association pour la conservation de la biodiversité dans le golfe de Gabès e l’Union régionale de l’agriculture et de la pêche.
Completata la fase tecnica di progettazione, con un evento di presentazione in diretta web per addetti ai lavori gli elaborati esecutivi sono stati illustrati a enti, imprese e altri portatori di interesse. Tutto è pronto adesso per avviare, dalla prossima settimana, la realizzazione del prototipo a Palermo, nella sede di Green Future, e a Sfax, nella cittadella universitaria. Le attività di Celavie andranno avanti fino al 31 dicembre 2022.
Un sistema flessibile e tecnologico per colture senza impatto ambientale
La struttura, una capsula prefabbricata e climatizzata di 6 metri e 10 per 2 e 45, alta 2 e 60, con all’interno un sistema “a circuito chiuso” fuori suolo per la produzione sia vegetale che acquatica, integrerà l’antica metodologia dell’acquaponica con dotazioni tecnologiche per la gestione e il monitoraggio, anche a distanza, dei cicli biologici in ogni loro aspetto.
In basso staranno le vasche per gli organismi acquatici: la sperimentazione inizierà con i crostacei, poi si passerà ai pesci. Nella fattoria verticale a terrazze posta al di sopra, speciali luci a led simuleranno i fotoperiodi per la crescita delle piantine, mimando di fatto le stagioni. Saranno studiate le possibili alternanze delle colture, sia vegetali che acquatiche, e la correlazione della Cellula con l’ambiente esterno, grazie a un sofisticato sistema di controllo e monitoraggio dei parametri ambientali e dei flussi energetici. Il dispositivo avrà impatto ambientale quasi nullo, perché in grado di autoprodurre da fonti rinnovabili l’energia necessaria al proprio funzionamento e perché l’acquaponica, oltre a minimizzare il consumo di acqua e suolo, non richiede l’uso di pesticidi.
Inoltre, essendo del tutto autonoma e prestandosi a qualsiasi configurazione, la Cellula della vita potrà essere installata e messa in funzione in qualsiasi luogo e contesto ambientale, eventualmente affiancando più moduli e con la possibilità di adattare in modo flessibile la tipologia e la quantità delle produzioni alle specifiche esigenze da soddisfare.
Dagli scopi commerciali a quelli umanitari, tanti gli usi possibili
La Cellula della vita guarda a un’ampia varietà di applicazioni. Potrà essere utilizzata come fonte di cibo a chilometri zero per piccole comunità in zone difficili da rifornire, oppure dove scarseggiano risorse idriche, suolo coltivabile e mezzi, o per sostenere attività agricole o di acquacoltura, o ancora per il ripopolamento degli invasi, per esempio quelli utilizzati per la pesca sportiva, oppure in situazioni di estrema emergenza, per esempio paesi isolati a causa di frane o terremoti, e poi anche per scopi didattici.
Il modulo Celavie potrà quindi fare al caso di un’azienda che svolge attività di coltivazione o allevamento, di un piccolo comune, del singolo consumatore, o di gruppi di lavoratori impegnati in zone remote, ma potrà servire anche per scopi umanitari, per esempio per offrire supporto alimentare alle persone che vivono nei campi profughi.
Territori coinvolti e obiettivi a medio-lungo termine
L’area della cooperazione di Celavie abbraccia territori transfrontalieri sulle due sponde del Mediterraneo e, in particolare, il progetto sarà sviluppato in Sicilia nelle province di Trapani e Palermo e in Tunisia nei governatorati di Sfax e Kairouan.
“Questo progetto – commenta Gianfranco Badami, presidente del Coreras – è stato selezionato da una commissione con altri 18 tra 150 presentati, e visti i contenuti e la qualità del partenariato credo sia particolarmente importante non solo per il Coreras ma anche per l’Assessorato regionale dell’Agricoltura. Il gruppo di progettazione, un collettivo qualificatissimo, include risorse interne, consulenti, ricercatori del CNR, partner pubblici e privati siciliani, tunisini e di altri paesi. L’utilità finale del progetto, al di là di quella sperimentale, sta anche nel capire come le due sponde del Mediterraneo possono collaborare, nel testare prassi di ricerca in comune tra imprese e istituzioni, nel creare le premesse per futuri consorzi misti. Per esempio, speriamo di far nascere a fine progetto una startup per il ripopolamento della fauna ittica. Quella di Celavie è, quindi, una sperimentazione di carattere socio-economico oltre che di natura scientifica”.
“Celavie è un progetto innovativo – sottolinea Amine Elleuch, coordinatore dei partner di Celavie in Tunisia – che può rispondere alle aspettative della popolazione, degli agricoltori e degli scienziati. L’obiettivo a lungo termine è contribuire a nutrire la popolazione con verdure e pesce, utilizzando tecnologie innovative per la produzione vegetale e ittica su piccole superfici e minimizzando l’inquinamento che potrebbe derivare dal fabbisogno energetico necessario per il funzionamento del sistema. Quest’ultimo, in effetti, sarà autonomo e funzionerà essenzialmente a energia solare. Gli scienziati, insieme con i professionisti, dovranno trovare soluzioni a tutti i problemi affinché il sistema sia funzionale e ottimizzato prima della fine del progetto, il cui successo comunque non potrà prescindere da un contributo della società civile alla diffusione delle attività e dei risultati tra i cittadini”.
L’acquaponica, una chiave dell’economia circolare
Celavie esplora lo scenario futuro di una popolazione mondiale vicina ai 9 miliardi di persone entro il 2050 con una disponibilità di suoli fertili sempre più ridotta, condizione che imporrà il passaggio da sistemi produttivi intensivi a tecniche conservative in grado di ottimizzare l’uso delle risorse per rendere i processi produttivi efficienti e sostenibili.
È lo scenario della transizione verso l’economia circolare, e l’acquaponica è considerata tra le soluzioni più promettenti. Si tratta di un sistema produttivo fuori suolo “a circuito chiuso” che combina le colture acquatiche e quelle vegetali. Schematicamente, l’acqua di scarico delle vasche di allevamento va a irrigare speciali letti di crescita privi di terra e concime, con dentro soltanto inerti su cui le piantine attecchiscono. Determinante il ruolo delle popolazioni batteriche presenti nei letti di crescita, che trasformano le sostanze di rifiuto provenienti dal metabolismo animale in nutrienti, poi assorbiti dalle radici dei vegetali.
Il fattore unificante è quindi l’acqua impiegata per la crescita degli organismi acquatici, prima filtrata per allontanare gli elementi solidi e per convertire l’ammoniaca in nitrati e poi riciclata come soluzione nutritiva per la coltivazione di specie vegetali in idroponica. Le piante svolgono un’ulteriore azione filtrante assorbendo i nitrati attraverso le radici e utilizzandoli come fonte di azoto. L’acqua così trattata in maniera naturale ritorna depurata nelle vasche per un nuovo ciclo, e in questo modo è possibile ottenere due produzioni, ittica e vegetale, usando una quantità fissa di acqua (occorre reintegrare soltanto le piccole quote evaporate).
Importanti i vantaggi ecologici: l’acquaponica minimizza il consumo di acqua, la quantità di reflui immessi nell’ambiente e l’uso di sostanze chimiche per la nutrizione delle piante, riduce l’uso di suolo e non richiede pesticidi. Tutto ciò si traduce anche in minori costi di produzione.
Consultazione online e formazione gratuita per le aziende
In questa prima fase di Celavie l’acquaponica è stata al centro di una consultazione online sia in Italia che in Tunisia rivolta a consumatori, istituzioni, associazioni e imprese. Alle aziende che hanno risposto al questionario sarà offerto un webinar gratuito.
Sul versante italiano, tra gli operatori e agricoltori dediti a metodi tradizionali che hanno risposto al questionario il 90% conosce l’acquaponica e l’80% è interessato all’installazione di un impianto per uso industriale, mentre per l’uso di tipo domestico si sono detti interessati il 79,6% dei consumatori partecipanti e il 76,5% degli intervistati appartenenti alla categoria composta da associazioni, istituzioni, studenti e ricercatori. L’87,5% dell’intero campione intervistato ha manifestato interesse verso la formazione sull’acquaponica.
Tra gli intervistati in Tunisia, il 41,2% degli operatori con progetti in agricoltura moderna ha dichiarato di avere colture idroponiche (due terzi delle quali avviate da meno di due anni) e tra questi circa il 25% anche sistemi acquaponici. Tra gli operatori, i ricercatori e gli esponenti di istituzioni e associazioni che hanno risposto, il 97,7% ha espresso interesse verso i nuovi metodi di coltivazione in generale e il 98,5% verso la formazione sull’acquaponica. Il 93,2% dei consumatori intervistati si è detto interessato ai prodotti dell’acquaponica.
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