Durante la celebrazione della festa del Santissimo Salvatore, sul sagrato della Basilica Cattedrale di Cefalù, il Vescovo Mons. Marciante ha lanciato un duro atto d’accusa contro il Piano Strategico Nazionale per le Aree Interne (SNAI) 2021–2027, denunciandone le premesse e le conseguenze per i piccoli Comuni dell’entroterra siciliano e calabrese.

Con parole ferme, ha definito la strategia governativa una vera e propria forma di “eutanasia comunitaria”, in cui il destino delle aree marginali sembra già segnato: “Il documento propone – cito l’obiettivo 4 – “l’accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile”. È un progetto che programma la morte di territori, città e culture. È inaccettabile”.

Altro che accanimento terapeutico: questa è eutanasia

Secondo quanto riportato nel piano nazionale, i territori più isolati e colpiti da povertà – come le Madonie – vengono considerati non recuperabili, e quindi da “accompagnare dolcemente all’estinzione”. Parole che il Vescovo ha definito gravissime, rileggendole alla luce del Vangelo e della Trasfigurazione: “La luce della Trasfigurazione ci dice che la Resurrezione di Cristo afferma la vita, non la morte. Nessuno può pianificare la morte di un popolo”.

L’alto prelato ha respinto con decisione l’idea secondo cui investire in questi territori equivarrebbe a un “accanimento terapeutico”. Al contrario, ha ribadito, si tratta di comunità vive, ricche di storia, cultura e potenzialità, che meritano visione e politiche concrete.

L’appello ai sindaci: “Alzate la voce!”

Svegliamoci!”, ha tuonato rivolgendosi direttamente ai sindaci presenti. “Aprite gli occhi e alzate la vostra voce: i paesi delle Madonie che voi rappresentate e governate rischiano l’estinzione”.

Un allarme che arriva dal cuore della Diocesi, e che chiama in causa direttamente le istituzioni locali, troppo spesso lasciate sole, e quelle nazionali, che sembrano aver abdicato al compito di garantire coesione territoriale.

Il Vescovo ha indicato con chiarezza la direzione opposta da intraprendere: non l’abbandono, ma il rilancio. Una nuova visione per i territori interni che non sia solo economica, ma anche umana, sociale e culturale.

Dalla costa all’entroterra: la crisi dell’identità

Accanto alla crisi delle aree interne, il Vescovo ha evidenziato anche la perdita d’identità delle zone costiere come Cefalù, sempre più trasformate in città turistiche senza residenti stabili. “Abbiamo 13.000 residenti, ma quanti sono davvero gli abitanti?”, si è chiesto, denunciando l’impossibilità per giovani e famiglie di trovare casa a prezzi accessibili.

Una città che si svuota di vita, proprio come i borghi madoniti. “Se i nostri territori vengono abbandonati, non solo dai suoi abitanti, ma peggio ancora dalle Istituzioni, diventeranno un deserto arido”.

Riscoprire la vocazione dei territori

Nelle parole del Vescovo si legge un forte richiamo alla responsabilità politica e morale. Ma anche un invito concreto: costruire insieme una visione di sviluppo sostenibile, equo e rispettoso delle comunità locali. In questo senso, Cefalù può diventare “porta aperta verso le Madonie”, condividendo risorse, turismo esperienziale e opportunità di rilancio territoriale.

Una prospettiva che rifiuta la logica della rassegnazione e della morte, e si nutre invece della forza della Trasfigurazione: una luce che trasforma, unisce e genera futuro.