“Per chi si trova all’estero in via temporanea tornare a casa è un diritto, e non come alcuni pensano, un capriccio”. Lo afferma con determinazione Giulia Catalano, 25enne palermitana.
Lo scorso 3 maggio BlogSicilia vi aveva raccontato la sua storia. Giulia, bloccata in Portogallo – dove era andata per un progetto di volontariato – a causa dell’emergenza Covid19, è riuscita, dopo tanti sforzi, a tornare a casa.
La ragazza aveva espresso il suo desiderio di fare rientro in Sicilia anche tramite un accorato video-appello alle istituzioni. Il centro giovanile dove prestava la sua opera aveva chiuso, e lei si era ritrovata ad affrontare il lockdown nel paese straniero, senza possibilità, a causa della decisione del Portogallo di chiudere le frontiere e i viaggi da e per l’estero, di tornare a Palermo. Innumerevoli i contatti con l’ambasciata italiana per chiedere un volo di rientro, per lei e i tanti italiani bloccati in Portogallo, ma l’ambasciata in un primo momento non aveva risposto alle sollecitazioni.
Ebbene, Giulia è atterrata a Palermo il 20 maggio e ci racconta la sua esperienza.
“Sono tornata – dice – insieme a molte altre persone, con un volo organizzato dall’ambasciata italiana in Portogallo. Il viaggio è durato due giorni”.
Prima un volo Lisbona-Roma Fiumicino partito il 19 maggio, e poi, dopo una notte di pernottamento in uno dei due alberghi collegati tramite un tunnel con Fiumicino, un volo Roma-Palermo che l’ha riportata a casa.
Il viaggio si è svolto rispettando tutte le misure di sicurezza, e dopo un mese e mezzo di richieste pressanti da parte dei tanti italiani bloccati in Portogallo.
“Avevamo tutti mascherine e guanti – racconta Giulia – negli aeroporti di Lisbona, Roma e Palermo si fa la fila con il distanziamento sociale. Ci hanno misurato la temperatura con i termoscanner più volte, sia all’arrivo in aeroporto che prima di salire in aereo”.
Giulia ha comunicato il suo arrivo in Sicilia all’Asp seguendo tutte le procedure previste, ha scaricato l’app “Sicilia Si Cura” e ogni giorno comunica telematicamente il suo stato di salute.
Starà in quarantena nella sua casa sino al 3 giugno, poi aspetterà di sottoporsi al tampone, e dopo ancora attenderà l’esito dell’esame.
La sua vicenda si è conclusa positivamente ma resta l’amaro per quanto accaduto.
“Credo – puntualizza Giulia – che le istituzioni avrebbero dovuto gestire meglio la situazione e darci assistenza in maniera più rapida. Non sono mancati episodi in cui l’ambasciata ci invitava a chiamare la Farnesina e viceversa. Se non ci fossero stati i nostri appelli, probabilmente saremmo ancora in Portogallo. Una situazione paradossale confermata anche all’arrivo a Roma: c’erano con me italiani che dovevano andare a prendere il treno per fare ritorno alla propria regione ma che ancora non sapevano se potevano farlo in base alle ordinanze dei singoli governatori”.
Giulia era partita per il Portogallo il 3 ottobre 2019. La sua quarantena, iniziata il 12 marzo nel paese straniero, dunque continua. Da metà aprile ha cercato di tornare a casa e adesso c’è riuscita.
Non vuole alimentare polemiche né fare recriminazioni ma ci tiene a far passare un concetto: “Conosco molte persone che erano in Portogallo – dice – che hanno perso il lavoro. Il mio progetto di volontariato è stato stoppato. Non avevamo più motivo di restare lì. Dopo i nostri appelli abbiamo anche ricevuto molte critiche. Vorrei far comprendere che in una situazione del genere tornare a casa è un diritto e non un capriccio”.
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