È stata fissata per il 4 dicembre davanti al gip del Tribunale di Termini Imerese, Claudio Emanuele Bencivinni, l’udienza preliminare del processo “Voto Connection”, che riguarda 87 persone, perlopiù indagate a vario titolo di attentato ai diritti politici del cittadino e corruzione elettorale.
Tra di loro figurano i fratelli monrealesi Salvino e Mario Caputo, in relazione all’inchiesta che li ha investiti in seguito alle consultazioni regionali del novembre 2017. Ad Aprile 2018 ai fratelli Caputo era stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari per il reato di attentato ai diritti politici dei cittadini. In pratica secondo l’accusa avrebbero ingannato gli elettori presentando Mario Caputo con la postilla ‘detto Salvino’, facendo credere che il candidato non fosse Mario ma Salvino, più noto in quanto ex sindaco di Monreale ed ex parlamentare regionale.
Gli arresti domiciliari applicati ai due fratelli, motivati dal “concreto ed attuale rischio che si attivino – grazie alle numerose ed influenti conoscenze che vantano a livello politico – per ostacolare l’andamento delle indagini in corso”, erano poi stati revocati dal Tribunale del Riesame il 20 Aprile 2018. Il Tribunale per il Riesame aveva annullato il provvedimento del Tribunale di Termini Imerese sia per la assoluta mancanza dei gravi indizi di colpevolezza che per il comportamento tenuto in campagna elettorale dai fratelli Caputo e in particolare di Salvino che aveva da subito agito per ricercare i consensi per il fratello Mario con manifestazioni pubbliche, comizi e riunioni in diversi comuni della provincia.
All’annullamento, la Procura di Termini si era appellata dinanzi alla Corte di Cassazione. Ma anche la Suprema Corte, a dicembre, aveva respinto il ricorso condividendo le richieste formulate dai difensori dei fratelli Caputo, gli Avvocati Raffaele Bonsignore, Francesca Fucaloro e Nicola Nocera.
Ma l’inchiesta, avviata dalla Procura di Termini Imerese, aveva riguardato anche tanti altri personaggi, che erano stati indagati per presunti scambi di favori in cambio di voti in occasione delle elezioni comunali di Termini Imerese. Si parla di posti di lavoro in aziende, in supermercati, aiuti per superare esami universitari o l’ammissione alla selezione per la facoltà di Scienze Infermieristiche.
L’inchiesta, denominata appunto “Voto Connection”, in questi mesi si è allargata fino a coinvolgere 87 soggetti (inizialmente erano 96), tra i quali il sindaco di Termini Imerese, Francesco Giunta. A spiccare i nomi di alcuni indagati eccellenti, come quello dell’ex Presidente della Regione siciliana Totò Cuffaro, che si sarebbe impegnato per fare eleggere all’ARS Filippo Maria Tripoli, attuale sindaco di Bagheria e candidato non eletto nella lista Popolari e autonomisti.
“Dal contenuto delle conversazioni telefoniche intercettate, si evinceva che il Cuffaro è ancora uno degli esponenti politici del territorio siciliano capace di far confluire voti in favore dei candidati da lui individuati”, scrive il capitano Federico Minicucci, comandante della Compagnia dei carabinieri di Termini Imerese, che ha condotto l’attività investigativa. L’ex presidente della Regione replica: “So che è reato promettere posti di lavoro in cambio di voti e so di non aver promesso nessun posto di lavoro all’Ars come so anche di non avere nessun potere”.
Richiesta di rinvio a giudizio è stata avanzata anche per l’assessore regionale al Territorio Toto Cordaro (Popolari e autonomisti), che secondo l’accusa “sia prima che dopo l’elezione di Francesco Giunta, più volte assicurava ad Agostino Rio il mantenimento della promessa di assunzione” come anche il corriere di tale Giuseppe Pileri, cognato del genero Giacomo Carlisi, e il capogruppo all’ARS di “Diventerà Bellissima” (il Movimento del Presidente Nuccio Musumeci) Alessandro Aricò, che avrebbe fatto ottenere un posto di tirocinante al figlio del consigliere comunale termitano Michele Galioto. A supportare la tesi dell’accusa vi sarebbero, secondo i magistrati, le intercettazioni dei Carabinieri.
Chiesta invece l’archiviazione per Gioacchino Sanfilippo di Trabia perché il fatto non sussiste, e per Giuseppe Di Blasi per la tenuità del fatto. All’udienza del 4 dicembre potranno costituirsi parte civile i tre enti pubblici individuati come parte offesa: la Regione Siciliana, i Comuni di Termini Imerese e Gangi.
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