Stefania Craxi ha una storia tutta siciliana, sono radici profonde quelle che l’attuale presidente della Commissione Esteri del Senato rivendica con orgoglio e passione.  Molto s’è detto e ancor di più s’è scritto sui “paracadutati”. Con questo neologismo dello slang politico si definiscono quei candidati piazzati dalle segreterie di partite in territori a loro sconosciuti. Stefania Craxi, candidata per Forza Italia al Senato nel collegio uninominale di Gela, Agrigento e Caltanissetta, può definirsi una paracadutata?

“La mia famiglia ha origini siciliane da San Fratello”, ribatte e già qui la discussione si potrebbe chiudere. Ma Craxi insinua un dubbio: “In merito ai paracadutati dirò due cose: conta più la carta d’identità o conta più che cosa si può fare in termini di relazioni nazionali e internazionali per questo territorio? L’altra cosa  è che i rapporti con le mie radici familiari li ho sempre tenuti. Io sono qua, non per strappare un seggio, sono qua per prendermi una responsabilità verso una comunità. Chi mi conosce sa che io sono una donna appassionata che sa assumersi responsabilità”.

A Talk Sicilia, Stefania Craxi offre una testimonianza concreta. E’ un video che la ritrae in groppa a un cavallo sanfratellano – nobile razza equina dei Nebrodi – mentre partecipa alla disfida che ogni 10 di maggio si dedica ai patroni di San Fratello, i santi Cirino e Filadelfio.

Periodo storico molto critico

Messe al bando le polemiche da bar, veniamo ai programmi. E alla cronaca. Il senatore Craxi (non è un errore, lei ci tiene che il “titolo” venga declinato così: “è una carica istituzionale”) sostiene che “stiamo vivendo uno dei periodi più gravidi di pericoli per l’umanità dal secondo dopoguerra”.

Il mondo è di fronte a un bivio, gli assetti geopolitici del mondo globale sono in discussione. Stefania Craxi non ha dubbi sulla posizione che deve assumere il nostro paese: “siamo alleati agli americani ma non subalterni. Siamo europeisti, ma anche qua non è che in Europa si deve rinunciare a difendere gli interessi nazionali? Noi abbiamo avuto un’Europa costruita sulle banche, sulle burocrazie, dove spesso i nostri interessi nazionali non venivano difesi. Io penso che il prossimo governo dovrà difendere in Europa gli interessi nazionali, un’Europa che deve essere un’Europa più democratica e più politica”.

Nel Mediterraneo ci giochiamo il nostro futuro

In questo scenario la Sicilia può diventare il pivot di una nuova politica di pace e sviluppo nel Mediterraneo: “Nel Mediterraneo ci giochiamo il nostro futuro. Noi dal Mediterraneo possiamo prendere tutti i guai che vengono da quella regione il fenomeno migratorio incontrollato, l’instabilità, ma ora possiamo cogliere delle opportunità. Io credo che per la Sicilia essere al centro del Mediterraneo sia una grande cosa”.

Lampedusa emergenza senza fine, Europa ci deve aiutare

Ma ci sono delle crisi da risolvere.  “Sono stata a Lampedusa l’altro giorno, dopo 13 anni. Ero stata durante i prodromi dell’emergenza migratoria, nel novembre 2010. Sono passati 13 anni e siamo sempre in emergenza. Questo non è possibile. Non è possibile perché l’immigrazione è un fenomeno epocale. Non si può scaricare un fenomeno epocale su delle comunità che già soffrono altre problematiche. Ricordo che Lampedusa è un’isola nell’isola, collegamenti difficili con il territorio, quindi difficoltà sia sul fronte sanitario. Su tanti fronti non si può scaricare questo fenomeno epocale su un’intera comunità. Bisogna che l’Europa si renda conto che Lampedusa non è un’isola italiana in mezzo al Mediterraneo, è la frontiera dell’Europa assunta. Quindi l’Europa deve farsi carico di questo problema. Non si prendono i migranti, ma in termini di risorse devono aiutare per gestire al meglio questo fenomeno e anche per aiutare quella comunità che ha gravi problemi di sviluppo. Anche perché il fenomeno migratorio incide molto anche sui costi dell’isola. L’Europa deve intervenire.  Intanto bisogna ripristinare Frontex”.