È come fare un passo indietro di quasi un secolo e scoprire il volto architettonico e urbanistico di una città appena eletta a capoluogo di provincia, ma dall’anima ancora acerba. Ieri pomeriggio, alla Sala Borsa della Camera di Commercio di Ragusa, taglio del nastro della mostra “La città aurea – Urbanistica e architettura a Ragusa negli anni Trenta”, alla presenza del presidente della Regione, Nello Musumeci, del soprintendente di Ragusa, Giorgio Battaglia, del curatore e progettista Carlo Giunta e di un ampio pubblico.
Un evento promosso dalla Soprintendenza di Ragusa, che accompagna il visitatore attraverso pannelli, fotografie d’epoca e tavole progettuali originali alla scoperta di quei passaggi e cambiamenti ad opera di architetti ed esperti nazionali e locali, che modificarono il profilo cittadino.
Fruibile anche un interessante contenuto multimediale, con gli approfondimenti dei membri del comitato scientifico, lo stesso soprintendente Battaglia, l’archeologo Saverio Scerra, lo storico Giorgio Flaccavento e l’architetto Titta Tumino, che spiegano con dovizia di particolare l’evoluzione urbana iblea (montaggio di Marcello Bocchieri, fotografia e regia di Carlo Giunta).
La mostra fa parte di un progetto più ampio, voluto dalla Regione Siciliana, volto alla ricostruzione dei profili dei capoluoghi iblei negli anni Trenta, secondo l’architettura razionalista, un periodo centrale nella storia del nostro Paese che si lasciava alle spalle il dramma della Grande Guerra, ma che si avvicinava inconsapevolmente alla Seconda guerra mondiale.
Prevista a Palermo un’esposizione conclusiva con tavole provenienti dai singoli focus.
“E’ una vetrina per offrire soprattutto agli studiosi ma anche a tutti i cittadini, uno spaccato sulla storia dell’architettura del Novecento, dove il razionalismo e non solo, ha giocato un ruolo importante – spiega il governatore Musumeci che ha inaugurato la mostra alla presenza, tra gli altri, del prefetto Filippina Cocuzza e del sindaco della città, Peppe Cassì – E’ un’iniziativa concepita per essere promossa in tutte e nove le province dell’isola, concludendo poi a Palermo con una grande mostra. Un omaggio dunque alla storia dell’architettura che qui a Ragusa assume un aspetto molto particolare perché coincide con un vastissimo cantiere aperto alla fine degli anni ’20 dopo l’elevazione a capoluogo di provincia del Comune di Ragusa. Da un lato dunque l’architettura, dall’altro le opere pubbliche, l’ingegneria, la creatività secondo una scommessa vinta da professionisti nazionali e locali in una stagione feconda”.
Francesco La Grassa, Ernesto La Padula, Ugo Tarchi, Duilio Cambellotti, Francesco Fichera, insieme ai “locali” Antonio Cannì, Salvatore Cascone, Carmelo Cappello, Arturo Di Natale, Giovanni Biazzo sono solo alcuni dei firmatari della trasformazione architettonica di Ragusa, per la quale il Governo centrale di allora stanziò ben 5 milioni di lire, spingendo un’evoluzione sociale ed economica cittadina.
È questo un aspetto da non tralasciare sia nella sua funzione di memoria storica che spunto di riflessione attuale, in un momento come quello attuale in cui l’assetto di Ragusa sta vivendo un importante cambiamento, con il centro storico alla ricerca di una sua nuova identità e il flusso abitativo verso le periferie.
“Quella degli anni Trenta, dopo il terremoto del 1693, fu per Ragusa la seconda rinascita – spiega il soprintendente Giorgio Battaglia – Ed è quella che la mostra racconta con dovizia di particolari, ricerche storiche e soprattutto documentazioni fotografiche e tavole progettuali che si richiamano a quel passato urbanistico che è presente e che in qualche modo sarà ancora futuro. La mostra diventa così pungolo per discutere delle prossime prospettive della città di Ragusa alla luce del nuovo Prg. Un esempio su tutti, il vecchio piano regolatore di La Grassa, di cui esponiamo alcune tavole originali, prevedeva tra l’altro anche la realizzazione di un Politeama che alla fine non si realizzò. Una mancanza che Ragusa ancora oggi paga. Ed allora parliamo anche di questo, ripensando ad una città ancora più moderna e funzionale da progettare secondo una futura larga visuale di crescita”.
L’allestimento accompagna il visitatore per mano, mostrando molti dettagli, mai saputi o dimenticati dalle generazioni più giovani, che attraverso piccoli tasselli ricostruiscono un pezzo di storia collettiva. C’è anche una chicca, una storica automobile Balilla del ’32 data in prestito da un collezionista ibleo.
“Un viaggio nella memoria da sviluppare attraverso due step – spiega Carlo Giunta, progettista e curatore della mostra – Al pianoterra abbiamo previsto un percorso con vari focus sulle principali opere pubbliche realizzate negli anni Trenta e sui loro realizzatori, cioè architetti, progettisti, urbanisti ma anche artisti che sono intervenuti in quella fase di profonda trasformazione. Al piano superiore offriamo invece una panoramica con tavole progettuali originali, che si richiamano proprio a quel progetto di cambiamento che portò Ragusa a trasformarsi da paese agricolo a capoluogo di provincia”.
La mostra sarà visitabile fino al 25 febbraio prossimo e regalerà al suo visitatore continue minuzie di un periodo che ha definito l’evoluzione della città prima e dell’intera provincia poi. Sarà fruibile tutti i martedì, mercoledì e giovedì dalle ore 9 alle 13 e tutti i venerdì, sabato e domenica dalle 17 alle 20.
(foto di Giuliano Giunta)
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