Sarà conferito domani, mercoledì 3 gennaio, a Catania e a Ragusa, l’incarico per l’autopsia sul corpo di Slimane Marouene, il tunisino di 30 anni ucciso a sprangate dopo la festa di Capodanno trascorsa all’interno della discoteca “La Dolce Vita” a Vittoria.

Al mattino, presso il Tribunale dei minori sarà conferito il primo incarico, nel pomeriggio lo stesso incarico sarà conferito a Ragusa, per ciò che attiene la posizione dell’unico ragazzo maggiorenne coinvolto nel pestaggio che ha avuto un esito letale.

Accusati tre ragazzi giovanissimi

Dell’omicidio sono accusati tre ragazzi giovanissimi: uno ha appena compiuto 18 anni, gli altri due ne hanno solo 15. Dopo il fermo, i tre ragazzi hanno trascorso le prime due notti in cella, il maggiorenne nel carcere di contrada Pendente, a Ragusa, i due ragazzi nell’istituto penitenziario minorile, in attesa di essere trasferiti probabilmente nel carcere minorile di Bicocca a Catania.

I tre sono stati individuati e bloccati dopo qualche ora dal delitto; li inchioderebbero anche alcune testimonianze. Sono stati interrogati dal sostituto procuratore Silvia Giarrizzo e il più grande ha ammesso l’accaduto. I due minorenni sono assistiti da Antonio Brancaforte e Mario Mascolino; per il diciottenne è stata incaricata d’ufficio l’avvocato Isabella Linguanti.

I testimoni

I tre giovani sono stati individuati anche grazie ad alcune testimonianze, poi il ritrovamento delle armi ha consentito di chiudere il cerchio delle indagini. Sono stati condotti in caserma e interrogati dal sostituto procuratore Silvia Giarrizzo, che ha coordinato le indagini. Alla fine il ragazzo più grande ha ammesso le proprie responsabilità, confermando le ipotesi sull’uomo ucciso al culmine di una rissa. Il delitto è avvenuto intorno alle 4,30 del mattino, al termine di una festa per brindare al nuovo anno.

Un locale molto frequentato

“La Dolce Vita” è un abituale luogo di ritrovo di immigrati che lavorano nelle serre della vasta zona agricola tra Vittoria, Acate e Santa Croce Camerina. A causare l’aggressione sarebbe stata qualche frase di troppo che la vittima avrebbe rivolto ad una ragazza rumena. Da qui la reazione dei tre che lo hanno ucciso e che ora si trovano in carcere a Ragusa. Le comunità tunisina e rumena sono le più numerose nella zona e, da sempre, i rapporti sono molto tesi e caratterizzati da una forte conflittualità.

Ad ottobre altro immigrato ferito

Non è la prima volta che la zona del Ragusano finisce al centro di fatti di cronaca del genere. Nell’ottobre scorso un giovane è stato accoltellato proprio a Vittoria, nella zona tra via Cavour e via Cacciatori delle Alpi. L’aggressione si è verificata nel pomeriggio e la vittima era un nordafricano.

Caritas, “Una terra di frontiera”

La zona della “Fascia trasformata”, tra Scoglitti, Vittoria e Marina di Acate, è una polveriera. Qui vivono e lavorano molti immigrati con e senza contratto, spesso sono sottopagati e in un contesto di degrado, dove è maturato il delitto della notte di Capodanno in cui è stato ucciso il tunisino Slimane Marouene, 30 anni.

Sarebbe stato letale un colpo di spranga alla testa, ma sarà l’autopsia a stabilire le cause. Probabilmente i tre ragazzi impugnavano ciascuno un’arma diversa: nell’auto sono state trovate due spranghe e un coltello a serramanico.

Nelle campagne desolate gli unici operatori sono i volontari del “Progetto presidio” della Caritas diocesana, con un team coordinato da Vincenzo La Monica che opera 5 giorni su 7. Accanto a loro ci sono l’associazione “Tetti Colorati” e la cooperativa Proxima e, da un anno, sono presenti le Suore carmelitane missionarie, che svolgono un’attività a favore dei più piccoli.

C’è anche un presidio sanitario di Emergency. Almeno due dei giovani che a Capodanno hanno impugnato le armi avevano frequentato le attività del Presidio, oggi unico avamposto di civiltà nella Fascia trasformata. “Questi ragazzi hanno partecipato alle nostre attività. Purtroppo – dice il direttore della Caritas diocesana Domenico Leggio – questi episodi tragici confermano la necessità di rafforzare la nostra presenza in quel territorio, in sinergia con gli altri attori. Anche se non è facile approntare interventi risolutivi a causa del contesto particolare in cui vivono, pieno di sofferenze e privazioni, noi continueremo con determinazione a offrire loro delle possibilità diverse rispetto al mondo in cui sono inseriti”.

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