Le immagini che hanno ripreso i presunti autori dell’esplosione di un ordigno contro un ristorante di Marzamemi, nel Siracusano, non sono affatto chiare.

E’ quanto, in sintesi, ha riferito il consulente della difesa in relazione al processo  ei confronti di Nicola Bisonte, 32 anni, pachinese, e Alin Sebastian Moise, 24 anni, originario della Romania ma residente a Pachino, alla sbarra per la presunta tentata estorsione ai danni del titolare del ristorante La Pagoda, a Marzamemi.

La vicenda

Da quanto ricostruito dagli inquirenti, coordinati dai magistrati della Procura di Siracusa, il locale, in contrada Starrabba, gestito da Salvatore Muccio, rappresentato dall’avvocato Eloisa Tringali, sarebbe stato preso di mira in diverse occasioni ma l’episodio più violento si è concretizzato con l’esplosione di un ordigno rudimentale sul tetto del locale. Una strategia, secondo la ricostruzione degli investigatori, per convincere la vittima a rinunciare alla sua attività.

Le immagini

Il vero obiettivo degli attentatori, nella tesi della Procura, sarebbe stato di favorire un locale concorrente sotto il controllo degli imputati. Tra gli elementi di prova degli inquirenti, oltre alla testimonianza della vittima, ci sono dei filmati relativi ad un impianto di sorveglianza. Il Tribunale collegiale, presieduto da Carla Frau, ha ammesso la richiesta avanzata dai difensori degli  imputati (Giuseppe Gurrieri e Irene Scala) di una consulenza su queste immagini.

Il consulente della difesa

Secondo quanto sostenuto da uno dei consulenti della difesa, Sergio Columba, le immagini usate dagli inquirenti sono state prelevate da telecamere poste a 30 metri di distanza dal posto in cui si è consumato il fatto. Il perito ha mosso delle perplessità in merito alla ricostruzione degli inquirenti. In particolare, per i magistrati, prima dello scoppio della bomba, si scorgerebbe una persona intenta a fumare una sigaretta e con lo sguardo proteso verso la Pagoda, prima della deflagrazione.

“Immagini non chiare”

Il consulente ha sostenuto che le immagini non chiariscono affatto che quel soggetto avesse in mano una sigaretta né tantomeno è possibile comprendere dove puntassero i suoi occhi. Il teste ha citato un’altra circostanza, quella per cui gli inquirenti individuano, grazie a quelle telecamere, una persona stempiata. Il perito ha sostenuto che dai frammenti video presi in esame non si può riconoscere quella caratteristica fisica.