Ha raccontato di avere avuto timore per l’incolumità del proprio figlio che aveva un debito di droga con Raffaele “Rabbiele” Forestieri, 40 anni, imputato nel processo per l’omicidio di Emanuele Nastasi, il 34enne, pachinese, sparito nel gennaio del 2015 il cui corpo non è stato mai trovato.

La paura per la sorte del figlio

Sul banco dei testimoni è salito il padre di un giovane pachinese, tossicodipendente, che, nel corso delle indagini, è stato intercettato dai carabinieri ed in quelle conversazioni avrebbe manifestato la paura per la sorte del figlio, al punto da meditare di chiedere aiuto ad un grosso pregiudicato di Pachino.

Insomma, non voleva che il figlio facesse una brutta fine, d’altra parte il familiare, come emerso durante l’esame del testimone, non vive più a Pachino ma si trova in Germania. Secondo gli inquirenti, il clima a Pachino era molto caldo ed il timore di ritorsioni legati ad affari di droga era molto alto, specie tra i tossicodipendenti.

Il debito di droga dietro l’omicidio

Per il pm della Procura di Siracusa, Gaetano Bono, dietro il delitto Nastasi c’è un debito di droga che la vittima avrebbe pagato con la vita. Un debito di soli 80 euro per l’acquisto di eroina ma quella partita non sarebbe stata di qualità ed avrebbe protestato con i suoi fornitori che, secondo i magistrati lo avrebbero condannato a morte. Del delitto è anche accusato Paolo Forestieri, ucciso a fucilate il 28 marzo del 2015 in via Maucini, a Portopalo, per cui è stato condannato in via definitiva, a 12 anni di carcere, un ventiseienne pachinese, Enrico Dimaiuta.

La testimonianza di un amico

Oltre al padre del tossicodipendente debitore di Forestiere, ha testimoniato anche un amico di Nastasi. “Ho visto per l’ultima volta Emanuele – ha raccontato il teste – tra Natale e Capadanno del 2014, prima della sua scomparsa. Ho poi chiesto notizie sul suo conto. Conoscevo i suoi problemi, legati al consumo di droga e mi sono adoperato per provare a fargli avere un lavoro”.

 

 

 

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