Finirà al Tar la vicenda delle concessioni perpetue che sono state “accorciate” dal Comune di Avola. Lo annuncia l’ex sottosegretario ai Beni culturali Nicola Bono a capo di un gruppo di residenti di Avola che ritiene illegittimo il provvedimento deliberato dal Consiglio comunale, su proposta dell’amministrazione.
La gerarchia
In sostanza, nella tesi di Bono, la questione è stata disciplinata da un decreto del Presidente della Repubblica del 21 ottobre 1975, ragion per cui “nel rigoroso rispetto della gerarchia delle fonti giuridiche”, “nessun Comune può modificare con regolamento le leggi dello Stato”.
La vicenda
La contesa riguarda il numero di anni delle sepolture di famiglie, fissata con durata superiore ai 99 anni ma solo per le concessioni rilasciate anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica. Il Comune di Avola, con quel voto, ha accorciato i tempi, disponendo una retrodatazione della loro scadenza, fatta risalire addirittura alla data del compimento dei 99 anni dalla data del loro rilascio.
Comune batte cassa
Questo vorrebbe dire che le famiglie dei defunti dovrebbero pagare a seguito della scadenza della concessione. Ieri, il sindaco di Avola. Rossana Cannata, ha sostenuto che “a competenza a modificare i regolamenti comunali appartiene al civico consiglio che nella fattispecie ha operato sulla scorta di copiosa giurisprudenza al riguardo”, sfoderando anche una sentenza del Tar di Catania.
“La competenza è del Parlamento”
“Non ci sono, né ci possono essere, modifiche arbitrarie delle leggi statali e meno che mai fondate su sentenze di qualunque tipo, perché appunto le leggi sono di esclusiva competenza del Parlamento” taglia corto l’ex sottosegretario ai Beni culturali.
Inoltre, in merito alla sentenza del Tar sbandierata dal sindaco, Bono replica: “Potrei anche entrare nel merito di alcune sentenze citate dall’amministrazione, e magari dimostrare che non c’entrano nulla con l’abolizione delle sepolture perpetue, ma lascio all’ autorità giudiziaria competente la valutazione della legittimità o meno delle fonti ispiratrici della delibera contestata”.
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