Come ogni anno, nell’area di Cassibile, frazione a sud di Siracusa, si crea una baraccopoli popolata da braccianti agricoli, tutti quanti stranieri. Un esodo motivato dalla produzione della patata, una specialità in questa zona della Sicilia sud-orientale, che comporta, però, tanti problemi, soprattutto per le condizioni igieniche in cui vivono gli stranieri, con una maggioranza di sudanesi. La baraccopoli, in concomitanza dell’esplosione del coronavirus, rischia di essere una bomba sanitaria, del resto si trova a due passi dal centro abitato, nell’area dello svincolo autostradale della Siracusa-Gela. Secondo alcune fonti investigative, in questa cittadella ci sarebbero almeno duecento persone ma la previsione è che, nei prossimi giorni, potrebbero esserci degli altri arrivi. Una situazione che, naturalmente, è tenuta sotto stretta osservazione dai vertici delle forze dell’ordine e dal prefetto di Siracusa frattanto la Cisl di Siracusa ha lanciato l’allarme.

“La situazione di Cassibile si ripropone ogni anno – sottolineano il segretario generale della Cisl Ragusa Siracusa,
Vera Carasi, e il segretario generale della Fai Cisl  Sergio Cutrale – In questo momento, però, più che dell’ignobile sfruttamento cui vengono sottoposte queste persone, dobbiamo pensare alla loro tutela. Anche questi uomini, come ognuno di noi, possono essere portatori inconsapevoli del virus o, loro stessi, essere contagiati da chiunque altro. Chi li sfrutta, indubbiamente, non pensa di far rispettare le indicazioni dei vari decreti in termini di sicurezza nei luoghi di lavoro. L’agricoltura a pieno campo, – aggiungono Carasi e Cutrale – è, sì, meno rischiosa delle colture intensive, ma non sicuramente esente dai pericoli dovuti alla promiscuità e alla mancanza di protezioni. Bisogna osservare con attenzione quanto avviene nella zona sud della provincia. All’interno delle serre si opera al chiuso e lo si fa per diverse ore. Per questo chiediamo che tutti i lavoratori vengano messi nelle condizioni di operare in piena sicurezza. Così come avviene nella zona industriale e negli enti pubblici, bisogna garantire la salute di queste persone”.

I due sindacalisti hanno anche parlato della crisi delle aziende agricole con inevitabili ripercussioni sull’occupazione.

“Molte produzioni sono state ridotte, altre non hanno mercato – aggiungono i due segretari – Alcune aziende, private della possibilità di esportare prodotti, hanno già ridotto il personale. Altre ancora stanno provando a riconvertire la stessa produzione. Sono settimane in cui si sta cercando di aumentare la produzione per soddisfare il mercato interno. Alcune aziende lo possono fare e lo stanno già facendo; altre non possono reggere tutto questo e vanno in affanno. Insomma, – concludono Vera Carasi e Sergio Cutrale – i braccianti agricoli rientrano tra
quella categoria di italiani che garantiscono un servizio essenziale per tutte le famiglie: la catena alimentare. Vanno bene i due ultimi provvedimenti del Governo, una tantum di 600 euro e rinvio delle domande di disoccupazione al 1 giungo, inseriti nel Cura Italia, ma chiediamo il rispetto di tutti i protocolli di sicurezza. Le aziende si attivino nella fornitura di dispositivi di sicurezza individuale.”

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