“Mi viene forte l’interrogativo di capire cosa sarebbe successo se l’ordine fosse stato notificato lunedì e non a 48 ore dal voto. Mi rimarrà questo dubbio”.

Lo ha detto a Siracusa il presidente della Regione, Renato Schifani, rispondendo ad una domanda sugli arresti domiciliari all’ex deputato regionale Pippo Gennuso che dovrà scontare una pena residua ad 8 mesi per traffico di influenze.

“Il traffico di influenze è la classica raccomandazione prendiamo atto di questo fatto, nessuna polemica. Ma rispettiamo la magistratura” ha detto Schifani.

Le parole del presidente della Regione sono molto chiare. Il provvedimento a Gennuso notificato a due giorni dalle elezioni potrebbe rappresentare un colpo a Forza Italia impegnata nella campagna elettorale per le imminenti amministrative.

La difesa di Gennuso

“Il provvedimento – spiegano i difensori di Gennuso –  non prevede l’arresto dell’On. Gennuso, avendo il Tribunale di Sorveglianza accolto l’Istanza di esecuzione della pena nella forma della detenzione domiciliare, che era stata richiesta in via subordinata rispetto all’affidamento in prova ai servizi sociali. Rispetto a questo provvedimento si stanno, allo stato, valutando le iniziative da, eventualmente, intraprendere”

“Non vi è, nè da parte dei difensori, nè da parte dell’on. Gennuso alcuna posizione di contrapposizione nei confronti del Tribunale di Sorveglianza, nè nei confronti della Magistratura in generale, verso la quale si riafferma invece la piena fiducia. Si è trattato, ed è in corso di esecuzione, un provvedimento il cui contenuto si conosceva da tempo” concludono gli avvocati.

L’inchiesta

Nel febbraio del 2019, Gennuso venne arrestato, su disposizione del Gip del Tribunale di Roma mentre ricopriva la carica di parlamentare all’Ars, insieme a tre giudici, tra cui l’ex presidente del Cga, Raffaele De Lipsis.

Secondo l’accusa, l’esponente politico avrebbe pagato una tangente da 40 mila euro perché il Cga accogliesse un suo ricorso al fine di disporre una mini tornata elettorale in 9 sezioni, tra Pachino e Rosolini.  In effetti, quelle piccole elezioni regionali si tennero nel 2014 consentendo a Gennuso di tornare all’Ars a scapito di Pippo Gianni.

Il traffico di influenze

In realtà, Gennuso, originariamente, era accusato di aver corrotto i giudici, grazie alla mediazione dell’avvocato Giuseppe Calafiore, coinvolto nell’inchiesta Sistema Siracusa su un giro di sentenze comprate per favorire imprenditori amici, poi il capo di imputazione si trasformò in traffico di influenze. Gennuso, nel corso dell’interrogatorio, negò che quei soldi fossero serviti per pagare il giudice. Li avrebbe messi a disposizione del suo consulente per attività di lobbying.

Il ricorso di Gennuso

Gennuso presentò ricorso in Cassazione, in quanto, essendo cambiato il capo di imputazione, si sarebbe dovuta adottare, nella sua tesi, una sentenza di proscioglimento, “perché il fatto non sussiste, non costituisce reato ovvero non averlo commesso” spiegavano i difensori dell’esponente politico.

Il pronunciamento dei giudici

I giudici della Corte di Cassazione rigettarono l’istanza presentata dal collegio del parlamentare, motivando la decisione. ” Deve essere ribadito che la qualificazione giuridica ritenuta in sentenza, che corrisponda – scrivono i giudici- a quella oggetto del libero accordo tra le parti, può essere messa in discussione con il ricorso  per cassazione solo quando risulti, con indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione”.

Ed ancora “la eccentricità della qualificazione giuridica non appare evidente al confronto con il capo di imputazione e con le condotte materiali ivi descritte  qualificate dalla indebita ingerenza, attraverso l’opera di mediazione con il funzionario, nella decisione giudiziaria”.

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