Il Tribunale del Riesame di Catania ha confermato l’obbligo di dimora per Sebastiano Troia, 67 anni, l‘avvocato coinvolto nell’inchiesta della Procura di Siracusa sulla cessione di piccole partire di droga in carcere. Il penalista, originario di Avola, era stato tratto in arresto, sebbene ai domiciliari, per poi tornare in libertà su provvedimento del gip di Siracusa, Carla Frau, che, però, aveva disposto una misura cautelare più blanda, l’obbligo di dimora, a cui era stata sottoposta fin dall’inizio l’altra indagata (misura confermata dal Riesame per la donna, difesa dall’avvocato Aldo Valtimora) la compagna di Francesco Capodieci, detenuto nel carcere di Cavadonna, a cui, secondo gli inquirenti, il legale avrebbe ceduto droga nascosta nei vasetti di crema.

Una circostanza che Troia,  nel corso dell’interrogatorio di garanzia davanti al gip Carla Frau, ha chiarito, sostenendo di aver agito in buona fede, insomma, nella ricostruzione del penalista, non aveva idea che dentro quei contenitore vi fosse droga. L’inchiesta dei magistrati della Procura, Carlo Enea Parodi e Stefano Priolo, si fonda anche sulle intercettazioni telefoniche e gli inquirenti avrebbero captato una conversazione tra Capodieci e l’ex moglie. Il detenuto, infatti, avrebbe avuto nella sua disponibilità un telefonino che gli sarebbe servito per comunicare con l’esterno. “Siccome all’avvocato Troia gli dovrei comprare l’Iphone, quello là, l’ultimo…non vorrei comprarglielo con i soldi, glielo vorrei comprare poco alla volta”. Nella tesi dell’accusa, la ex moglie avrebbe spiegato che il telefonino non avrebbe potuto comprarlo con un finanziamento, in quanto sprovvista di busta paga ma Capodieci avrebbe insistito. “Costa mille euro, Troia mi fa dei favori, quindi glielo devo prendere”. La difesa di Troia, composta dagli avvocati Puccio Forestiere, Fabiola Fuccio e Luca Ruaro, ha sempre mantenuto una linea ferma sull’estraneità ai fatti contestati. “In alcune di queste intercettazioni tra i vari soggetti interessati – ha detto a BlogSicilia l’avvocato Puccio Forestiere – si comprende benissimo che l’ingresso della droga è avvenuto all’insaputa del mio assistito. Insomma, la buona fede è assoluta”.

Francesco Capodieci, coinvolto nel febbraio del 2018 nell’operazione Bronx conclusa con 16 arresti, è stato  condannato a 23 anni ed 8 mesi di reclusione. Secondo gli inquirenti, avrebbe usato il telefono un altro detenuto, un uomo di 34 anni, siracusano, non indagato in questa inchiesta, ma ritenuto dai magistrati della Dda di Catania come un personaggio di spicco del clan Borgata, attualmente sotto processo insieme ad altre 15 persone su un giro di estorsioni e commercio di droga e condannato a 7 anni di reclusione per tentato omicidio ai danni di un quarantaduenne.

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