Se c’è un paese che non “tifa” per la soluzione della crisi della Lukoil, questa è la Turchia, che continua ad acquistare senza sosta grezzo proveniente dalla Russia ed è pronta a rivenderlo a prezzo maggiorato in Europa.

La beffa per l’Italia

E così, l’embargo alle importazioni di petrolio dal paese di Putin, che scatterà il 5 dicembre e che impedirà alle raffinerie Isab Lukoil di trasformarlo in carburante, non solo affonderà l’intero Petrolchimico ma avrà come beffarda conseguenza la necessità di acquisto, da parte dell’Italia, dello stesso prodotto ma lavorato altrove, in Turchia appunto.

Turchia via di fuga del petrolio russo

Uno scenario prospettato, nei giorni scorsi da un centro di ricerca indipendente e rilanciato dall’Agence France-Presse, un’agenzia di stampa francese, per cui la Turchia sta diventando il ponte tra Russia ed Europa per le esportazioni di petrolio: in questo modo le sanzioni sarebbero aggirate ma a pagarne il prezzo sarebbe per prima l’Italia che quel grezzo lo lavora da anni nel Petrolchimico di Siracusa.

“Un danno per l’Italia”

“Se il derivato del petrolio russo viene acquistato – spiega a BlogSicilia l’ex ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo – da altri paesi non c’è alcuna sanzione. La Turchia, che è alle porte  dell’Europa, continuerà a comprare il grezzo russo. E’ inevitabile che si avvantaggerà di questa situazione, creando, naturalmente, danno all’economia italiana innanzitutto e conseguentemente a quella europea. Chi acquisterà grezzo dalla Turchia, che lo compra dalla Russia al 30 per cento in meno rispetto a quello di mercato,  lo prenderà ad un prezzo più elevato”.

Lukoil per la deroga

Con il conto alla rovescia già partito e con le ultime navi con i carichi di grezzo russo, Lukoil riterrebbe la deroga la via migliore per salvare le raffinerie ed inevitabilmente tutto il comparto petrolchimico. Ci sono degli esempi nella stessa Europa, paesi come la Germania, la Polonia e la Bulgaria beneficiano della deroga alle sanzioni alla Russia ed il Governo italiano, con il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, sta provando a strappare questo accordo.

Le alternative

Le altre alternative sono una proroga o l’acquisizione della raffineria sul modello proposto dal senatore siracusano del Pd, Antonio Nicita, firmatario di un emendamento che consentirebbe allo Stato di assumere, in via temporanea, l’amministrazione fiduciaria della Isab Lukoil sul solco di quanto realizzato dal Governo tedesco con una raffineria russa in Germania.

Il silenzio delle banche e le pressioni Usa

Delle banche ancora nessuna notizia, gli istituti di credito non hanno ancora deciso di cedere prestiti a Lukoil, nonostante la garanzia della Sace, la controllata del Mef. Evidentemente, come spiegato nelle settimane scorse da un importante esponente politico italiano, che ha preso parte ad un meeting internazionale proprio a Siracusa, le pressioni degli Stati Uniti starebbero giocando un ruolo decisivo in questa partita.

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