La presenza di un’agenzia funebre di Siracusa a Sortino avrebbe scatenato la reazione di una ditta del piccolo Comune montano del Siracusano, fortemente legata a Innocenzo Pandolfo, indicato dai carabinieri di Siracusa e dai magistrati della Dda di Catania come un esponente di spicco del clan Nardo di Lentini. E’ quanto emerge nell’inchiesta culminata nelle ore scorse con l’arresto di 5 persone, oltre che di Pandolfo, a cui la misura cautelare è stata notificata nel carcere in cui si trova detenuto.
Nomi e ruoli degli indagati
Tra i destinatari dei provvedimenti restrittivi firmati dal gip del Tribunale di Catania, c’è Antonino Inturrisi, titolare dell’agenzia di pompe funebri che avrebbe mal digerito l’arrivo di un concorrente. Stando alla ricostruzione degli inquirenti, Inturrisi avrebbe sollecitato due dipendenti, Vincenzo Puglisi, e Marcello Briganti, entrambi coinvolti nell’operazione dei carabinieri, a minacciare la vittima per “convincerla” a non aprire la sua agenzia a Sortino e poi, di fronte all’ostinazione dell’imprenditore siracusano, si sarebbero prodigati per rendergli la vita difficile, provando ad ostacolare lo svolgimento dei funerali a Sortino.
La denuncia della vittima
L’imprenditore siracusano, che non si è piegato alle intimidazioni, si è rivolto un paio di anni fa ai carabinieri, riferendo alcune circostanze, tra cui una, quando in occasione di un funerale celebrato a Sortino sarebbe stato avvicinato da un uomo che lo avrebbe minacciato: “Qui non devi venire a svolgere i funerali perché se vieni di nuovo io ti porto al cimitero insieme al morto”. Nella stessa giornata, al rientro a bordo della sua macchina, l’imprenditore siracusano sarebbe stato affiancato da un’auto ed un uomo gli avrebbe fatto cenno con un dito, mimando di premere il grilletto di un’arma.
I siracusani coinvolti nell’inchiesta
Nell’inchiesta sono finiti due siracusani che avrebbero avuto un ruolo di primo piano in questa vicenda. Massimiliano Sinatra, da quanto risulta nelle indagini dei carabinieri, avrebbe ricevuto da Innocenzo Pandolfo la richiesta di costringere l’imprenditore siracusano a rinunciare al suo piano di aprire un’agenzia a Sortino. E lo stesso Sinatra, detenuto all’ergastolo nel carcere di Augusta, il primo giugno del 2020, avrebbe chiamato al telefono la vittima da un’utenza a lui riconducibile.
Le minacce al telefono
“Nunnà mettiri chiù peri a Sortino.. nun cià passari nemmenu ra strata… Vattini.. rapi a Siracusa, a Priolo, dove vuoi tu…ma ca nun ci avveniri chiù” “Iu staiu rischiannu cu sta telefonata picchì unni sugnu nun pozzu parlari, poi ta viri cu cui sa presenta”
Colpi di pistola contro sede agenzia di Siracusa
L’altro siracusano coinvolto è Johnny Pezzinga, che, secondo quanto prospettato dai carabinieri di Siracusa e dai magistrati della Dda di Catania, avrebbe esploso due colpi di pistola il 27 giugno del 2020 contro l’ingresso della sede di Siracusa dell’agenzia di pompe funebri.
Pezzinga, dalle informazioni in possesso agli inquirenti, non avrebbe agito da solo ma in compagnia di un’altra persona: insieme si sarebbero diretti nel locale della vittima in sella ad uno scooter. L’arma sarebbe stata poi nascosta in una struttura pubblica chiusa e successivamente rinvenuta dai carabinieri e dall’esame dei Ris è stato possibile identificare Pezzinga.
L’interessamento del clan Santa Panagia
Pandolfo le avrebbe provate tutte per fermare l’imprenditore siracusano, per questo avrebbe cercato di far interessare della vicenda il clan Santa Panagia, una delle cosche principali di Siracusa, insieme a Bottaro-Attanasio. Sarebbe stato, secondo i carabinieri e la Dda di Catania, Sinatra a vestire i panni del mediatore tra Pandolfo e gli esponenti di Santa Panagia.
Le intercettazioni al telefono
“C’ha diri ca cià dari na mbasciata a iddu” dice al telefono Sinistra al suo interlocutore che avrebbe dovuto riferire il messaggio ad uno del gruppo. “Va bene, ora c’ho mandu”. “Va bene, poi stasira ni sintemu”.
In un’altra intercettazione, tra Sinatra ed un’altra persona, la vicenda è più esplicit.
“Ora ca aiu un problema ca supra cu Innocenzio”. “Ca nun sacciu na pari i cosi , na pari i misi fa amu cercari i tamponari.. diciamu ca staiu facennu di intermediariu staiu cercando i fari pa abbissari sta spacchiu i situazioni”.
La scoperta dell’ordigno
Dalle indagini dei carabinieri è saltato un altro particolare inquietante: sarebbe stato confezionato un ordigno rudimentale per mettere con le spalle al muro l’imprenditore.
Venne trovato nel novembre del 2020 dai carabinieri che arrestarono un uomo, indicato come vicino a Pandolfo ma l’imprenditore riferì ai militari di essere stato contattato da una persona, la quale disse che quella bomba era stata preparata per lui.
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