Ha 56 anni ma soffre di una grave malattia neurologica che non gli consente di respirare in modo autonomo. Ha bisogno di un ventilatore meccanico e come se non bastasse presenta un deficit motorio. Insomma, è immobilizzato ma a questi problemi se ne è aggiunto un altro, che si è abbattuto sulla sua famiglia: l’Asp di Siracusa, secondo quanto denunciato dalla figlia del paziente, ha sospeso il servizio domiciliare H24.
“Mio padre – racconta a BlogSicilia Giorgia D’Amico – è affetto da una grave malattia neurologica degenerativa (atassia spinocerebellare) ma ha piena capacità di intendere e di volere. Presenta deficit motorio e respira attraverso l’ausilio di un ventilatore meccanico richiedendo di essere aspirato dalle secrezione al bisogno e con gastroscopia endoscopica percutanea o PEG che gli permettere di nutrirsi”.
“Un anno fa è stato dimesso dalla rianimazione dell’ospedale di Avola con prescrizione di assistenza h24 a domicilio. L’Asp giorno 30 settembre ci ha comunicato – racconta Giorgia D’Amico – che il giorno dopo avrebbe interrotto tale assistenza ricoverandolo in una RSA a Lentini non idonea alla patologia di mio padre o in caso contrario potevamo tenerlo a casa riducendo le ore di assistenza esclusivamente nelle ore diurne, quindi mia madre è costretta ad assistere mio padre durante la notte per controllare se i vari strumenti elettromedicali funzionino e provvedendo anche ad intervenire con aspirazione endobronchiale essendo papà tracheostomizzato, questo le impedisce di andare a lavorare”.
Secondo quanto riferito dalla figlia del paziente, l’azienda sanitaria avrebbe motivato la decisione per una questione economica. “L’Asp ha addotto come motivazione – racconta a BlogSicilia Giorgia D’Amico – un taglio dei costi, risolvendo la questione con il trasferimento in una RSA. Attualmente tentiamo di far vivere a mio padre una vita quasi normale, essendo totalmente capace di intendere e di volere, facendolo sentire partecipe del nucleo familiare malgrado la sua disabilità, tutto questo potrebbe venirgli precluso chiudendolo in una struttura dove sarebbe soltanto un numero, “un caso clinico”.
Commenta con Facebook