Il giudice del Tribunale di Siracusa ha assolto un avolese di 44 anni, Antonio Scibilia, sotto processo per resistenza a pubblico ufficiale. Una vicenda giudiziaria piuttosto vecchia, risalente al giugno del 2014 quando l’imputato, difeso dall’avvocato Natale Vaccarisi, si presentò negli uffici dei Servizi sociali del Comune di Avola.

Le richieste all’ufficio dei Servizi sociali

L’uomo, stando a quanto emerso dalle indagini, avrebbe rivendicato delle pendenze, in quanto aveva preso parte ai dei progetti, finalizzati a persone con difficoltà economiche, senza, però, essere retribuito.

Contestualmente, avrebbe chiesto di essere inserito in un nuovo progetto al fine di mettere da parte dei soldi che gli sarebbero serviti per poter vivere, essendo senza fissa occupazione. Solo che la situazione, nel volgere di qualche minuto, sarebbe diventata incandescente all’interno degli uffici del Municipio: l’uomo si sarebbe rivolto con toni minacciosi verso il personale, in particolare le sue invettive sarebbero state riversate sulla dirigente dei Servizi sociali del Comune di Avola.

Il procedimento giudiziario

Da una segnalazione alle forze dell’ordine, ne è scaturito un procedimento giudiziario a carico del 44enne, che è finito sotto processo al palazzo di giustizia di Siracusa non per minacce ma per resistenza a pubblico ufficiale. Il giudice monocratico del tribunale di Siracusa, secondo quanto sostenuto dalla difesa, rappresentata dall’avvocato Natale Vaccarisi,  non ha ritenuto “sussistente la fattispecie contestata all’imputato”.

La tesi della difesa

Inoltre, il difensore dell’imputato, nel corso del processo, ha sempre sostenuto “la mancanza non solo delle prove acquisite durante tutta la fase processuale ma anche per la insussistenza dell’elemento soggettivo del reato così come contestato” spiega il professionista.

Nelle ore scorse, il giudice monocratico del Tribunale di Siracusa a conclusione del dibattimento, si è ritirato in Camera di consiglio, al termine della quale ha emesso sentenza di assoluzione con formula piena,  perché “il fatto non sussiste” precisa il legale.