Scovati due telefonini cellulari nel carcere di Augusta dagli agenti della Polizia penitenziaria. Erano nella disponibilità di due detenuti: uno è stato sequestrato, l’altro, invece, è stato gettato nello scarico fognario prima che finisse nelle mani delle forze dell’ordine che, però, hanno rinvenuto alcuni accessori. Episodi molto gravi per cui è stata avviata un’inchiesta per svelare in che modo i telefonini siano entrati nel penitenziario. Il primo caso, secondo una prima ricostruzione, si è verificato nella giornata del 4 maggio: durante il loro turno di servizio due agenti di Polizia penitenziaria hanno sentito dei rumori, come se fosse in corso una discussione, provenire da una cella dove, però, c’era un solo detenuto.
Al termine delle perquisizione, è stato rinvenuto un cellulare ed un caricabatterie artigianale che sono stati sequestrati. Il secondo episodio si è verificato due giorni dopo ma, in quest’ultimo caso, il detenuto sarebbe riuscito a disfarsi del telefonino gettandolo nella rete fognaria ma gli accessori che aveva con se hanno lasciato pochi dubbi. “Quest’attività – spiegano il dirigente nazionale del Sippe, Sebastiano Bongiovanni ed il segretario locale del Sippe, Antonello Grassadonia – dimostra l’attenzione degli agenti della Polizia penitenziaria nonostante le sofferenze nell’organico più volte segnalate. I turni a cui siamo sottoposti sono massacranti ma il sequestro dei telefonini testimonia quanto abnegazione ci sia da parte del nostro corpo. Abbiamo chiesto, e non da ora, di essere sottoposti ai tamponi per testare eventuali casi di positività così come abbiamo ribadito la necessità delle mascherine. Ma vogliamo anche dire che lavoriamo in condizioni estreme per vie di regole rigide, al limite della legittimità, anch’esse segnalate alle nostre autorità ma ci auguriamo che si possa giungere ad una soluzione”.
Nel penitenziario di Augusta, nelle ore successive alla sospensione dei colloqui per i detenuti decisi dal Governo per l’emergenza Covid19, vi fu una protesta, per fortuna poi contenuta e per nulla violenta come invece quella esplosa nel carcere di Siracusa, che ancora porta i segni.
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