SAN PAOLO (BRASILE) (ITALPRESS) – Uno dei più grandi, per molti il più grande di sempre. Il mondo del calcio piange la comparsa di Edson Arantes do Nascimento, per tutti Pelé, che saluta il suo Brasile e il mondo all’età di 82 anni, dopo aver combattuto per diverso tempo la sua partita più difficile, quella contro un tumore al colon per il quale era stato operato nel settembre 2021. Il calcio nel sangue (suo padre Dondinho aveva giocato nella Fluminense), cresciuto nella povera Bauru, quello che un giorno sarebbe diventato O’Rei (do Futebol) si guadagnava da vivere pulendo scarpe, fino a quando l’ex Nazionale brasiliano Waldemar
de Brito non lo notò, spingendolo a fare un provino per il Santos. E l’allora 15enne Edson non ci mise molto a far capire di essere un predestinato. Pelè – un soprannome che gli era stato affibbiato da bambino, per quella sua incerta pronuncia, quando parlava del suo giocatore preferito, il portiere del Vasco da Gama Bilé, ma il suo talento lo porterà lontano dai pali – dopo una stagione nelle giovanili, il 7 settembre 1956 debutta in prima squadra e va subito in gol: a 16 anni diventa il capocannoniere del campionato paulista e per lui arriva anche la chiamata in Nazionale.
Pelé brucia le tappe e al Mondiale del 1958 (a soli 17 anni) è lui a trascinare la Selecao verso quella prima vittoria iridata, che cancellerà l’onta del Maracanazo: tripletta alla Francia in semifinale, sei gol in tutto il torneo, compreso quello in finale contro la Svezia.
Quattro anni dopo arrivò a giocare solo la prima partita (assist e gol nel 2-0 al Messico), poi fece lo spettatore del secondo trionfo verdeoro. Nel 1966 l’unico Mondiale andato male, prima di rifarsi nel 1970, quando era la stella più lucente di una delle squadre più forti della storia, capace di conquistare la sua terza (e definitiva) Coppa Rimet, schiantando in finale l’Italia, appannata dopo il 4-3 ai supplementari contro la Germania. La sua carriera in Nazionale si chiuse di fatto lì (77 reti in 92 partite, record che nessuno ha ancora battuto), mentre a livello di club vestirà solo una maglia, quella del Santos, prima di chiudere la carriera negli Usa, al New York Cosmos. Col Peixe, in 19 stagioni, vince sei titoli brasiliani oltre a 10 affermazioni nel campionato paulista, a due Libertadores e ad altrettante Coppe
Intercontinentali.
I gol? Ufficialmente i conti parlano di 750, 760 ma O’Rei se ne attribuiva quasi 1.300 (1.283 per l’esattezza), considerando anche amichevoli e altre uscite. Atleta del Secolo per il Cio, Giocatore del Secolo per l’Iffhs, il più grande per la Fifa, Pelé ha scritto la storia, al di là di qualsiasi conteggio realizzativo, per la sua straordinaria capacità di coniugare qualità tecniche e atletiche, che ne facevano un giocatore immarcabile. A queste aggiungeva una rara intelligenza calcistica, che gli permetteva di vedere il gioco come pochi. E O’Rei ne era consapevole: nemmeno l’eterno confronto con Maradona o quella parte di critica che gli rimproverava di non essersi mai misurato nel calcio europeo (nel ’58 fu vicino all’Inter) hanno mai scalfito la sua certezza, ovvero di essere stato il migliore di sempre. Nella sua vita, poi, non si farà mancare nulla, dalla politica al cinema (celebri la sua partecipazione al film “Fuga per la vittoria” e il cameo nel film biografico “Pelé”), e solo gli acciacchi dell’età lo porteranno pian piano lontano dalla scena, fino alla sua ultima dolorosa battaglia.
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(ITALPRESS).
de Brito non lo notò, spingendolo a fare un provino per il Santos. E l’allora 15enne Edson non ci mise molto a far capire di essere un predestinato. Pelè – un soprannome che gli era stato affibbiato da bambino, per quella sua incerta pronuncia, quando parlava del suo giocatore preferito, il portiere del Vasco da Gama Bilé, ma il suo talento lo porterà lontano dai pali – dopo una stagione nelle giovanili, il 7 settembre 1956 debutta in prima squadra e va subito in gol: a 16 anni diventa il capocannoniere del campionato paulista e per lui arriva anche la chiamata in Nazionale.
Pelé brucia le tappe e al Mondiale del 1958 (a soli 17 anni) è lui a trascinare la Selecao verso quella prima vittoria iridata, che cancellerà l’onta del Maracanazo: tripletta alla Francia in semifinale, sei gol in tutto il torneo, compreso quello in finale contro la Svezia.
Quattro anni dopo arrivò a giocare solo la prima partita (assist e gol nel 2-0 al Messico), poi fece lo spettatore del secondo trionfo verdeoro. Nel 1966 l’unico Mondiale andato male, prima di rifarsi nel 1970, quando era la stella più lucente di una delle squadre più forti della storia, capace di conquistare la sua terza (e definitiva) Coppa Rimet, schiantando in finale l’Italia, appannata dopo il 4-3 ai supplementari contro la Germania. La sua carriera in Nazionale si chiuse di fatto lì (77 reti in 92 partite, record che nessuno ha ancora battuto), mentre a livello di club vestirà solo una maglia, quella del Santos, prima di chiudere la carriera negli Usa, al New York Cosmos. Col Peixe, in 19 stagioni, vince sei titoli brasiliani oltre a 10 affermazioni nel campionato paulista, a due Libertadores e ad altrettante Coppe
Intercontinentali.
I gol? Ufficialmente i conti parlano di 750, 760 ma O’Rei se ne attribuiva quasi 1.300 (1.283 per l’esattezza), considerando anche amichevoli e altre uscite. Atleta del Secolo per il Cio, Giocatore del Secolo per l’Iffhs, il più grande per la Fifa, Pelé ha scritto la storia, al di là di qualsiasi conteggio realizzativo, per la sua straordinaria capacità di coniugare qualità tecniche e atletiche, che ne facevano un giocatore immarcabile. A queste aggiungeva una rara intelligenza calcistica, che gli permetteva di vedere il gioco come pochi. E O’Rei ne era consapevole: nemmeno l’eterno confronto con Maradona o quella parte di critica che gli rimproverava di non essersi mai misurato nel calcio europeo (nel ’58 fu vicino all’Inter) hanno mai scalfito la sua certezza, ovvero di essere stato il migliore di sempre. Nella sua vita, poi, non si farà mancare nulla, dalla politica al cinema (celebri la sua partecipazione al film “Fuga per la vittoria” e il cameo nel film biografico “Pelé”), e solo gli acciacchi dell’età lo porteranno pian piano lontano dalla scena, fino alla sua ultima dolorosa battaglia.
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