La Guardia di finanza di Trapani, in esecuzione del decreto finalizzato alla confisca, ha sequestrato all’imprenditore Michele Licata, 57 anni, ex leader in Sicilia occidentale nel settore ristorazione-alberghiero, beni e risorse finanziarie per un valore complessivo di oltre 8 milioni di euro.

Condannato a 5 anni per auto-riciclaggio

Lo scorso 18 marzo, il Tribunale di Marsala lo ha condannato a 5 anni di carcere per auto-riciclaggio, ordinando inoltre la confisca di beni, personali e dei suoi familiari, condannati per ricettazione, per oltre 12 milioni di euro. Nel 2015, a Licata, per una maxi-evasione fiscale e truffa allo Stato, furono sequestrati beni per circa 127 milioni di euro. E da quell’indagine (già condannato anche in appello per l’evasione fiscale, mentre per la truffa allo Stato è arrivata la prescrizione), è scattata l’indagine che ha portato alla seconda recente condanna. In pratica, l’imprenditore, per il timore di un sequestro da parte dello Stato, secondo l’accusa, trasferì ingenti somme sui conti correnti della moglie, delle tre figlie e del genero, che per questo sono stati condannati a pene tra 3 anni e 8 mesi e 3 anni e 4 mesi per ricettazione.

Le società indagate erano gestite dall’imprenditore

Le società finite nel mirino delle indagini tra il 2014 e il 2015 erano in parte gestite di diritto e in parte (quelle intestate a familiari) dall’imprenditore. La Guardia di finanza individuò e quantificò “il vorticoso volume d’affari generato dalle fatture false che il Licata, da anni, utilizzava nella propria attività, pari ad oltre 25 milioni di euro”. Da questi accertamenti, emerse l’evasione fiscale. Il sequestro del 2015 fu il più imponente mai effettuato in Italia per questo reato.

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