La mafia Trapanese aveva fiutato un altro ambito dove poter far soldi, quello delle aste fallimentari. Grazie ad una rete di connivenze riusciva ad accaparrarsi gli immobili di grande pregio a costi molto bassi con l’obiettivo chiaramente di lucrarci nelle future rivendite. E’ lo scenario che emerge dall’operazione antimafia “Hesperia” che tre giorni fa ha portato a 70 indagati, di cui 35 con misure cautelari.

Il sistema

La maggior parte degli immobili adocchiati si trovavano a Marsala. Si trattava in alcuni casi di semplici immobili, ma anche cooperative ed in un caso persino un hotel. A capo di questo sistema ci sarebbe stato principalmente Antonino Ernesto Raia, detto Nino, che si avvaleva poi di complici o conniventi per riuscire nell’intento di estromettere qualsiasi potenziale acquirente. In questo modo la cricca riusciva ad ottenere quel bene con la sola offerta a base d’asta, dal momento che non c’era nessuno che faceva delle offerte. In alcuni casi sarebbero stati documentati acquisti di immobili con base d’asta a 700 mila euro il cui valore di mercato però poteva arrivare anche a 5 milioni di euro.

L’autorizzazione

In alcuni casi però si poteva anche rischiare di pestare i piedi a qualcuno. Allora se si sconfinava si andava a chiedere l’autorizzazione. Come è stato accertato dagli inquirenti in un caso per un immobile di Mazara del Vallo. Raia per arrivare a questo affare aveva contattato un fedelissimo di Antonino Cuttone, uomo d’onore del mandamento di Mazara del Vallo, già condannato per mafia con sentenza irrevocabile. In pratica si chiedeva un’interlocuzione per avere l’autorizzazione per l’acquisto a un’asta giudiziaria di un immobile sito a Mazara del Vallo.

Lo schema che si ripeteva

Lo schema utilizzato da Cosa nostra, più in particolare, era quello di individuare un cespite all’asta di valore rilevante e di favorirne l’acquisto da parte di un soggetto che corrispondesse all’associazione una somma di denaro, calcolata in percentuale rispetto al valore del bene aggiudicato. Il boss vicino a Matteo Messina Denaro, Franco Luppino, è stato chiamato a intervenire per controllarne l’andamento e l’esito, in una delle quali lui stesso si è reso responsabile di un autonomo delitto di turbata libertà degli incanti.

Articoli correlati