La caccia ai fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro è solo all’inizio. Sono tre al momento gli indagati ma il numero potrebbe salire ancora visto che le indagini, in seguito alla cattura del capo di cosa nostra, sono solo all’inizio. Dalla cattura alla Maddalena, ai medici che lo hanno curato, alle persone che hanno consentito a Messina Denaro di continuare a fare la “bella vita” e a camminare indisturbato per le vie di Campobello di Mazara e di andare a Palermo per curarsi, sono ancora tanti gli interrogativi a cui i magistrati della procura di Palermo stanno cercando di dare delle risposte. Si cercherebbe inoltre anche un secondo covo di Matteo Messina Denaro.
Il possibile aiuto del mondo dei camici bianchi a Messina Denaro
Gli investigatori stanno anche indagando sulla possibilità che il mondo dei camici bianchi abbia aiutato Matteo Messina Denaro. La Procura di Palermo, insieme ai carabinieri del Ros, stanno seguendo la “pista medica” nel territorio del boss, poiché Messina Denaro sta combattendo contro un tumore da alcuni anni e ha recentemente subito un’operazione e un ciclo di chemioterapia. Gli investigatori stanno concentrando le loro indagini sui medici che hanno assistito Messina Denaro e hanno acquisito materiale da almeno due ospedali. Inoltre, stanno indagando su alcuni medici di base sospettati di aver aiutato il boss a nascondersi sotto un’identità falsa.
Le indagini si concentrano sui medici che hanno assistito il boss
Fino a questo momento gli investigatori hanno escluso eventuali contestazioni al personale o ai vertici della clinica palermitana in cui è stato catturato Messina Denaro. Diverso è il discorso per i medici che lo avrebbero aiutato nelle cure. Gli investigatori del Ros hanno iniziato a seguire il percorso clinico del boss, che si faceva chiamare Andrea Bonafede, e hanno acquisito materiale, come le cartelle del paziente e registri delle attività nelle sale operatorie, da almeno due ospedali: l’Abele Ajello di Mazara del Vallo, dove Messina Denaro sarebbe stato operato per un adenocarcinoma del colon, e l’ospedale di Trapani, nel reparto di Oncologia.
La sostituzione di persona con Andrea Bonafede
Gli investigatori sono interessati a capire come mai i medici che hanno assistito Messina Denaro non si siano accorti della sostituzione di persona con Andrea Bonafede. Pertanto, hanno perquisito il dottor Filippo Zerilli, responsabile dell’Oncologia Medica, e Alfonso Tumbarello, medico di base di Campobello di Mazara, entrambi indagati per procurata inosservanza di pena aggravata. Tumbarello, tra l’altro, è un medico con un passato politico, essendo stato un ex consigliere provinciale e candidato alle Regionali con l’Udc nel 2006.
L’interrogatorio del vero Andrea Bonafede per ottenere informazioni
Gli investigatori stanno anche cercando di ottenere informazioni dall’interrogatorio del vero Andrea Bonafede, geometra di Campobello di Mazara e proprietario dell’immobile dove Messina Denaro ha vissuto negli ultimi tempi. Oltre a essere l’alias del boss, il geometra è anche il proprietario dell’immobile di via CB31. “Conosco Messina Denaro fin da quando eravamo ragazzini. La casa in cui viveva l’ho comprata io con i suoi soldi”; ha spiegato ai magistrati l’uomo, nipote di Nardo Bonafede, boss del piccolo comune in provincia di Trapani e storico fedelissimo di don Ciccio Messina Denaro, padre di Matteo. Il geometra è indagato per associazione mafiosa: è considerato uno degli ultimi fiancheggiatori di Messina Denaro.
Un secondo covo
Inoltre, gli investigatori stanno cercando di comprendere come sia stato possibile che sfuggisse alla cattura per un anno vivendo in uno dei luoghi più sorvegliati d’Italia. Nonostante le molte telecamere piazzate dagli inquirenti durante le ricerche, nessuno si sarebbe accorto della sua presenza nella cittadina di Campobello di Mazara. Si pensa anche che l’ex primula rossa di Cosa nostra avesse scelto un altro luogo per nascondere il suo leggendario tesoro e le cose riservate visto che nell’appartamento è stata trovata si una agenda ma che non conterrebbe dati o informazioni “scoppiettanti”.
Commenta con Facebook