È il 3 settembre del 2016. Nicola Accardo e Antonino Triolo, due mafiosi di Partanna, nel trapanese, parlano non sapendo di essere intercettati. “Dice che Matteo era in Calabria ed è tornato…”, rivela Accardo.
Gli investigatori non hanno dubbi: si tratta di Matteo Messina Denaro, all’epoca ricercato numero uno in Italia. Una pista tornata d’attualità quella calabrese perché dagli ultimi elementi raccolti dagli inquirenti emerge che l’ultima tappa della latitanza del padrino di Castelvetrano, prima del suo trasferimento a Campobello di Mazara, è stata proprio la Calabria.
Grazie alla protezione della ‘ndrangheta Matteo Messina Denaro si sarebbe rifugiato tra Lametia Terme e Cosenza, città in cui il boss avrebbe avuto anche diversi affari: da quello dei traffici di droga in cui le ‘ndrine hanno ormai conquistato un ruolo di primo piano, alla realizzazione di un villaggio turistico e di impianti eolici, business sul quale il capomafia, attraverso l’imprenditore Vito Nicastri, avrebbe investito anche in Sicilia. Ma, mentre quella trascorsa da Messina Denaro a Campobello è stata quasi una vita normale, in Calabria, secondo gli investigatori, il capomafia avrebbe avuto una latitanza simile a quella del suo storico alleato corleonese, Bernardo Provenzano costretto a nascondersi e a spostarsi più volte.
Il boss incontra per la prima volta la figlia mai riconosciuta
Intanto, la figlia mai riconosciuta va in carcere ad incontrare il padre, il super boss Matteo Messina Denaro. Lorenza Alagna, 26 anni, alla fine il passo lo ha fatto. Forse, chissà, anche per le condizioni del padre mai conosciuto, alle prese con un tumore aggressivo. Nonostante le notizie di stampa filtrate non certo lusinghiere, la giovane ha quindi deciso di varcare la porta del super carcere de L’Aquila. Cosa si siano detti i due resta top secret. Così come i sentimenti contrastanti che con ogni probabilità avranno toccato i cuori di entrambi.
Lorenza Alagna è figlia di Franca Alagna, la donna con cui Messina Denaro l’ha concepita. La giovane non ha mai rinnegato il padre ma la sua indipendenza e libertà sì. Tanto che aveva deciso di tenere all’anagrafe il cognome della madre, quasi a voler imprimere quella distanza dall’allora superlatitante. Tutti atteggiamenti che evidentemente non sono mai piaciuti al boss di Castelvetrano. E non ne faceva mistero nei pizzini. Ma in realtà ci sono anche altri scritti che fanno emergere come Messina Denaro fosse combattuto interiormente.
Indicata come “sciacqualattuga”
In un pizzino indicava la figlia non riconosciuta una “sciacqualattuga”. Un termine con cui metteva in evidenza la scarsa considerazione che aveva per la figlia naturale Lorenza Alagna. Passaggio che viene fuori dall’inchiesta dei carabinieri del Ros che hanno analizzato l’enorme mole di pizzini e lettere trovate nei covi dell’ex primula rossa di cosa nostra. In una lettera indirizzata alla sorella Giovanna, parlando di Martina Gentile, la figlia della maestra Laura Bonafede arrestata anche lei per favoreggiamento, il boss riferendosi in codice alla figlia naturale usava appunto il termine “sciacqualattuga”.
Le lettere mai spedite
Nei covi però trovate anche lettere ami spedite che dovevano esesre indirizzate proprio alla figlia biologica. Con termini amorevoli si rivolgeva a lei e le diceva di stare lontana da “certi mondi” pericolosi. A fare da contraltare, poi, i pizzini inviati alla sorella. “Io ho cresciuto una figlia che non è mia figlia biologica (parlando della figlia di Laura Bonafede, ndr), ma per me è mia figlia. Mi ha dato l’amore di una figlia, mi ha voluto bene e mi vuole bene. Ha molto di me perché l’ho insegnata io, se vedessi il suo comportamento ti sembrerei io al femminile”.
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