La Direzione Investigativa Antimafia ha eseguito un decreto di confisca emesso su proposta della Procura della Repubblica di Palermo che ha come oggetto il patrimonio mobiliare, immobiliare e societario, riconducibile a un
noto commerciante internazionale d’opere d’arte e reperti di valore storico – archeologico, indiziato di legami con le cosche mafiose, in particolare della provincia di Trapani.

I beni confiscati

Sono stati sottoposti a confisca 2 compendi aziendali, 38 fabbricati, 4 automezzi, 24 terreni, appartamenti ed uffici, molti dei quali facenti parte dello storico settecentesco Palazzo dei Principi Tagliavia-Aragona-Pignatelli di Castelvetrano (TP).

Beni per 10 milioni

Il provvedimento della Sezione Penale e Misure di Prevenzione del Tribunale di Trapani ha accolto la ricostruzione accusatoria della formazione illecita dell’intero patrimonio dell’imprenditore e consolida il sequestro operato nel 2017 per un valore di oltre 10 milioni di euro. L’uomo in passato è stato titolare anche d’imprese attive in Sicilia in diversificati settori quali la vendita di cemento, la produzione e distribuzione di generi alimentari e di olio d’oliva.

Le indagini dell’antimafia

Le indagini della DIA, sotto il coordinamento della Procura di Palermo, hanno dimostrato che per oltre un trentennio l’imprenditore avrebbe accumulato ricchezze con i proventi del traffico internazionale di reperti, molti dei quali trafugati clandestinamente nel più importante sito archeologico di Selinunte (TP) da tombaroli verosimilmente al servizio di “cosa nostra”. Emblematico è risultato il ruolo del mercante d’arte nella custodia di migliaia di reperti archeologici risultati provenienti da furti, scavi clandestini e depredazioni di siti, stipati in cinque magazzini individuati a seguito di rogatoria internazionale nella città elvetica di Basilea.