Sono in tutto 16 le richieste di condanna e 4 quelle di assoluzione per altrettanti impiegati del Comune di Palma di Montechiaro, in provincia di Agrigento. Gli imputati sono ritenuti responsabili del reato di assenteismo. Come hanno dimostrato le indagini, i dipendenti furbetti sarebbero andati al bar, al supermercato a fare la spesa o semplicemente stavano chiusi dentro la propria auto a leggere il giornale invece di recarsi sul posto di lavoro.

Grave danno per il Comune agrigentino

Un danno, secondo il pm della procura di Agrigento, Cecilia Baravelli, superiore rispetto all’importo delle retribuzioni non dovute perché incide sul funzionamento dell’ente e fa perdere la fiducia del cittadino. Sono in tutto 20 i dipendenti a processo nei cui confronti sono state proposte pene comprese fra i 12 e i 19 mesi di reclusione.

I nomi dei dipendenti coinvolti nel processo

Un anno e sette mesi di reclusione sono stati chiesti per Salvatore Di Vincenzo, 58 anni, Ignazio Falsone, 72 anni, Fabio Marino, 55 anni e Giuseppe Rumè, 66 anni; un anno e 5 mesi per Salvatore Salvatore Castellino, 60 anni. Per sette imputati la pena proposta dal magistrato della procura è di 1 anno e 3 mesi. Si tratta di: Grazia Arcadipane, 57 anni; Matteo Bordino, 65 anni; Renato Castronovo, 69 anni; Maria Collura, 60 anni; Giuseppe Calogero Petrucci, 61 anni, Anna Provenzani, 57 anni e Silvana Cancialosi, 58 anni. E poi ancora: un anno e 10 mesi per Gioacchino Angelo Palermo, 63 anni e un anno ciascuno per Vittorio Inguanta, 69 anni, Rosario Salerno, 61 anni e Rosario Zarbo, 57 anni.

Per quattro comunali la richiesta di assoluzione

Per quattro imputati, infine, è stata chiesta l’assoluzione perchè secondo l’accusa “gli allontanamenti dal posto di lavoro sono stati chiariti con motivazioni di servizio o sono stati ritenuti di modesta entità e, quindi, inoffensivi”. Si tratta di Calogero Mario Di Caro, 64 anni, Concetta Maria Di Vincenzo, 54 anni; Francesco Lo Nobile, 72 anni, e Baldassare Zinnanti, 69 anni.

Le indagini sui furbetti del cartellino

I pedinamenti e i servizi di osservazione sono stati svolti in due fasi, nel 2014 e nel 2015, e avrebbero fatto emergere, secondo quanto ipotizza l’accusa, un fenomeno diffuso e collaudato di allontanamento dal posto di lavoro dopo avere passato regolarmente il badge. “Le telecamere – ha aggiunto il pm Baravelli – hanno provato che un imputato, un sabato mattina, neppure è andato in ufficio ma gli è stata pagata la retribuzione, inquadrata come straordinario, grazie al collega che ha timbrato per lui”. Ed è proprio il lettore elettronico che attesta la presenza dei dipendenti che sarebbe stato controllato dai carabinieri durante le indagini con una telecamera nascosta che immortalava la scena degli impiegati che passavano il proprio tesserino digitale e poi si allontanavano.

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