A distanza di otto anni dalla nascita con bando pubblico della cooperativa “Rosario Livatino Libera Terra” per la gestione dei terreni sequestrati dal magistrato ucciso dalla mafia il 21 settembre 1990 parte di questi sono ancora in mano a persone che li occupano senza averne titolo e con metodi mafiosi.

La denuncia è del presidente della cooperativa Giovanni Lo Iacono. “Negli ultimi tempi la situazione sembra essere peggiorata – ha detto – decine di ettari sono stati occupati da greggi dei pastori della zona che provocano danni notevoli, abbiamo subito l’incendio di una ventina di ettari di seminativo e una ulteriore serie di danneggiamenti”. La cooperativa ha denunciato alle istituzioni, all’opinione pubblica e alle forze dell’ordine. “L’unico che ci ha ascoltati -continua l’agronomo che guida la cooperativa- è stato il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio. Tutto intorno silenzio ed isolamento”.

Il 21 settembre a Palermo è stato ricordato il giudice ucciso dalla Stidda. A trent’anni dalla sua uccisione a Palermo una cerimonia si è svolta a Palazzo di Giustizia presente anche il Capo dello Stato Sergio Mattarella.
“In un periodo drammatico per la Magistratura, e di fronte a sconcertanti episodi che documentano una miseria etica che avvilisce, e mina profondamente la fiducia dei cittadini nella Magistratura e nella giurisdizione, è per noi motivo di orgoglio ricordare figure come quella di Rosario Livatino, e degli altri colleghi che, come lui, hanno dato la loro stessa vita,” ha detto il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Luca Poniz ricordando il giovane magistrato.

“Siamo certi – ha aggiunto- che il lavoro quotidiano, la rigorosa professionalità, l’intransigente difesa della legalità siano patrimonio comune alla Magistratura italiana, ed insieme consapevoli che sarà solo con la coerente ispirazione a questi valori che sapremo riconquistare la piena fiducia, fondamento imprescindibile della nostra legittimazione. Potremo continuare ad onorare la loro memoria se sapremo raccogliere la loro grande eredità, senza temere di non essere credibili”.