Ottenevano denaro promettendo lavoro al ministero della Difesa. In realtà era tutta una truffa che è stata scoperta dai carabinieri di Agrigento. Tre gli indagati, ben 160 le vittime che sono cascate nella trappola del posto fisso in cambio di una “ricompensa” in denaro ai procacciatori.

Chiuse indagini preliminari

È stato notificato dai carabinieri della compagnia di Canicattì l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, con annessa l’informazione di garanzia, emesso dalla Procura della Repubblica di Agrigento nei confronti di 3 persone, di cui 2 di loro pregiudicate, sul conto delle quali, tra febbraio 2020 ed agosto 2021, sono stati raccolti gli indizi di colpevolezza relativi alla partecipazione ad un’associazione per delinquere finalizzata alla truffa, operante nella provincia di Agrigento.

Il meccanismo e le bufale

L’indagine, diretta dal procuratore della Repubblica Luigi Patronaggio e coordinata dal pubblico ministero Giulia Sbocchia, ha preso spunto dalla denuncia di alcune vittime che si erano rivolte ai carabinieri. I militari, anche attraverso l’intercettazione delle conversazioni degli indagati, hanno documentato come i tre indagati, inseriti in un sodalizio gerarchicamente strutturato ed avvantaggiandosi di un assetto organizzativo e logistico, utilizzando dei raggiri abbiano promesso, in cambio di denaro, degli inesistenti posti di lavoro presso la Difesa. Ad essere stati scoperti il millantato patrocinio di vertici dello Stato o la sostituzione di persona, la disponibilità di progetti edilizi, contratti, documenti e timbri falsi, così come la fantomatica imminente realizzazione di una grande base militare in località Punta Bianca di Agrigento.

Le vittime

Sono circa 160 nella provincia di Agrigento, ma anche di Caltanissetta e Palermo (con concentrazioni a Canicattì, Racalmuto, Palma di Montechiaro e San Cataldo) le vittime (per lo più disoccupati) del raggiro organizzato dagli indagati che, ricorrendo allo schema del marketing multilevel, hanno convinto gli ignari sottoscrittori a pagare cifre a partire da 2.500 euro per saltare l’esame di assunzione nella base militare e proposto loro di diventare reclutatori, per potere così accedere al ruolo di capigruppo o coordinatori, in modo da essere assunti ancor più facilmente e con un grado di responsabilità nella fantomatica caserma di Punta Bianca.

La storia di un’imprenditrice

È significativa la storia di un’imprenditrice di Racalmuto, imbrogliata con la proposta di aprire un bar nella base immaginaria: la donna, convinta di dover far fronte alle esigenze delle centinaia di soldati che avrebbero popolato Punta Bianca, ha pagato 5 mila euro per partecipare al progetto, ha costituito una nuova società, ha fatto ricorso al credito per ingrandire il proprio laboratorio ed infine, schiacciata tra la pandemia ed i debiti contratti, ha cessato ogni attività.

La perquisizione

I carabinieri di Canicattì, durante la perquisizione effettuata il 7 settembre del 2020, hanno sequestrato gli elementi inconfutabili del disegno criminoso messo in atto dagli indagati: le mappe della base mostrate alle vittime durante il reclutamento ed i contratti, sottoscritti con la contestuale consegna dei tesserini in cui vi erano effigi false e la dicitura comando generale d’oneri, nonché il libro mastro dei truffati con le quote corrisposte da ognuno di loro.

Sfruttato il nome del generale Portolano

Per essere più convincenti, gli indagati hanno spregiudicatamente speso il nome del generale di corpo d’armata Luciano Portolano, segretario generale della Difesa ed illustre cittadino agrigentino, indicato alle vittime quale futuro comandante della fantomatica base militare. I carabinieri hanno annotato come, nonostante si fosse diffusa la notizia delle perquisizioni, molti truffati abbiano voluto – ed ancora vogliono – continuare a credere al miraggio del posto di lavoro a tempo indeterminato subdolamente promesso dagli indagati.

Articoli correlati