Il gip del tribunale di Agrigento, accogliendo la richiesta del fratello della presunta vittima, ha ordinato nuove indagini sul caso del 54enne morto, il 5 giugno del 2020, dopo un lungo ricovero all’ospedale San Giovanni di Dio.

Accertamenti entro 6 mesi

Il procedimento a carico dei medici di cardiologia ipotizza il reato di omicidio colposo. Gli accertamenti dovranno essere svolti entro 6 mesi.

Pietro Bennica morì dopo una degenza di diverse settimane in cui aveva fatto la spola fra i reparti di medicina interna e cardiologia. L’indagine è stata avviata dopo le denunce del fratello e la procura ha aperto un’inchiesta per verificare se ci sono state omissioni, negligenze e responsabilità dietro la morte del cinquantenne che si era presentato in ospedale con un’iniziale diagnosi di sospetto Covid.

Rinviati a giudizio

Nel registro degli indagati, in un primo momento, sono stati iscritti 33 fra medici e infermieri di pronto soccorso, cardiologia e medicina interna. Bennica, affetto da una cardiopatia, sarebbe morto per un’infezione non diagnosticata e avrebbe avuto necessità di cure cardiologiche. Il fratello, attraverso il legale Gianluca Sprio, si è opposto alla chiusura del caso per i 28 indagati nei cui confronti il pm Giulia Sbocchia ha chiesto l’archiviazione. Per altri 5 medici, al contrario, la procura ha chiesto il rinvio a giudizio e i 2 procedimenti sono stati separati.

Morto dopo ricovero in clinica, sei medici rinviati a giudizio a Palermo

Sei medici della clinica Triolo Zancla sono stati rinviati oggi a giudizio dal gup Ermelinda Marfia con l’accusa di omicidio colposo. Sono i dottori in servizio nel reparto di medicina generale che hanno avuto in cura dal 9 al 15 aprile del 2021 il paziente Antonino Giannilivigni morto due giorni dopo il 17 aprile dopo essere stato dimesso dal reparto e ricoverato d’urgenza all’ospedale Buccheri La Ferla dove i medici hanno eseguito un intervento.

I medici Nicolino Cannata, Giovanni Fazio, Loredana Sutera, Gaspare Milana, Salvatore Buccheri e Giovanna Falcone, difesi dagli avvocati Giovanna Vernuccio e Gabriele Butera dovranno comparire il 20 dicembre di quest’anno dinanzi alla quinta sezione penale del Tribunale di Palermo.

I familiari della vittima si sono costituiti parte civile assistiti dall’avvocato Giuseppe Cannizzo. Erano stati i familiari a presentare denuncia ai carabinieri per accertare le cause della morte ed eventuali responsabilità da parte dei medici.

Nella perizia medica della consulente della procura Ginevra Malta si legge: “era innanzitutto fondamentale escludere la presenza di una patologia gastrica o una occlusione intestinale che motivasse il vomito e, risultando negativa l’ecografia, farlo quantomeno mediante un esame Tac addome. Tale scostamento, alla luce della patologia, cancro al colon, e delle statistiche di sopravvivenza della stessa in fase complicata, è da considerarsi, nella pratica medico-forense, causa di un ritardo diagnostico durante il quale la patologia si è ulteriormente aggravata. E’ altamente probabile che se nei giorni del ricovero presso la struttura il paziente fosse stato sottoposto anche solo ad indagini radiodiagnostiche non invasive, quali la Tac (ma anche una semplice radiografia diretta dell’addome), la diagnosi di carcinoma al colon stenosante sarebbe stata formulata in tempo congruo da consentire un accesso in sala operatoria in regime di elezione, verosimilmente in stato di occlusione e non di perforazione. La prognosi è fortemente compromessa dalle complicanze settiche conseguenti alla perforazione”.