E’ stato respinto, fa sapere il Viminale, il ricorso presentato dai migranti soccorsi sulla Sea Watch alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo per chiedere all’Italia di consentire lo sbarco.
Stamattina Carola Rackete, capitana tedesca 31enne della Sea Watch, aveva annunciato, nonostante la consapevolezza di andare incontro a un’incriminazione per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e forse di associazione per delinquere, oltre che a una multa e alla confisca della nave, di voler fare sbarcare i migranti a Lampedusa. La Rackete aveva inoltre fatto sapere di essere in attesa della risposta della Corte Europea dei diritti umani. Responso adesso arrivato.
Per la capitana, la vita delle persone che ha recuperato in mare “viene prima di qualsiasi gioco politico e incriminazione. Non bisognava arrivare a questo punto”.
A bordo “i migranti sono disperati – aveva detto -. Qualcuno minaccia lo sciopero della fame, altri dicono di volersi buttare in mare o tagliarsi la pelle. Non ce la fanno più. Si sentono in prigione. L’Italia mi costringe a tenerli ammassati sul ponte, con appena tre metri quadrati di spazio a testa”.
Carola Rackete, che lavora a bordo delle Sea Watch dal 2016, liquida poi come “ridicola” l’idea di Matteo Salvini che la nave, battente bandiera olandese, dovrebbe andare in Olanda: “E’ ridicolo, bisognerebbe circumnavigare l’Europa. Oltretutto l’Olanda non collabora”.
E aveva concluso : “Siamo circondati dall’indifferenza dei governi nazionali”. Se potesse parlare con il ministro Salvini, gli direbbe “che l’importanza della vita umana è un valore ereditato dai grandi pensatori greci e romani e non dovrebbe farci sopra i suoi giochi politici”.
Intanto un esposto alla Procura della Repubblica di Roma per richiedere una verifica su “eventuali aspetti penalmente rilevanti” nell’attuale blocco della Sea Watch 3 al largo di Lampedusa è stato presentato dal Garante nazionale per i diritti dei detenuti.
Il Garante, spiega una nota, “non può né intende intervenire su scelte politiche che esulano dalla propria stretta competenza. Tuttavia, è suo dovere agire per fare cessare eventuali violazioni della libertà personale, incompatibili con i diritti garantiti dalla nostra Carta, e che potrebbero fare
incorrere il Paese in sanzioni in sede internazionale”. In particolare, l’Autorità ribadisce che “le persone e loro vite non possono mai divenire strumento di pressione in trattative e confronti tra Stati. Ritiene inoltre che la situazione in essere richieda la necessità di verificare se lo Stato italiano, attraverso le sue Autorità competenti, stia integrando una violazione dei diritti delle persone trattenute a bordo della nave”.
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