Quelle di Vincenzo Scarantino sulla strage di via d’Amelio in cui morì Paolo Borsellino erano solo “sciocchezze”.

L’ex pm Ilda Boccassini, applicata alla Procura di Caltanissetta tra il 1992 e il 1994, manifestò sin dall’inizio tanti dubbi sull’affidabilità del falso pentito. Ma non riuscì a “evitare cose che nel tempo avrebbero pregiudicato le indagini”.

Scrisse una relazione, che misteriosamente scomparve, e chiese di rimandare la ferie ma le fu detto di no. Tutto questo Ilda Boccassini lo ha detto e ripetuto “per la quarta volta”, ha sottolineato polemicamente in videoconferenza, al processo per i depistaggi sul caso Borsellino nel quale sono imputati di calunnia aggravata i poliziotti Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei.

L’ex procuratore aggiunto di Milano ha ripercorso le fasi cruciali delle indagini, ha richiamato le ombre sulla gestione di Scarantino e ribadito i dubbi che con il collega Roberto Sajeva aveva messo perfino per iscritto. Ma della relazione non si trovarono più tracce. “Io però – ha aggiunto – ne avevo diverse copie” che furono inviate a Palermo dopo un colloquio con l’ex procuratore Giancarlo Caselli. Nella relazione Boccassini e Sajeva mettevano in rilievo le loro riserve e ponevano l’esigenza di “correre subito ai ripari”. Ma non per questo cambiarono i metodi di lavoro della Procura allora diretta da Giovanni Tinebra che, ha ricordato Boccassini, incontrava Scarantino da solo per un certo lasso di tempo e poi apriva la porta del suo ufficio per il vero e proprio interrogatorio. Tra lei e il capo della Procura sul falso pentito c’erano “visioni completamente diverse”.

Pur essendo convinta che Scarantino non fosse credibile, espresse comunque a Tinebra la disponibilità a rimandare le ferie. Ma Tinebra le rispose che si era “sacrificata tanto” e ora poteva andarsene in vacanza. “Non mi volevano”, ha osservato l’ex magistrato. “Essere tenuta fuori dai giochi – ha detto – era la prassi. Vuoi per leggerezza, vuoi per sciatteria, non ero più la protagonista come lo ero stata nei mesi precedenti nella dinamica investigativa delle due stragi” (Capaci e via d’Amelio). Tutto questo accadeva per tenere in piedi un depistaggio? Boccassini non lo hai creduto.

Bastavano i contenuti degli interrogatori: “Più Scarantino parlava più ci si rendeva conto che era un poveraccio. Se fosse stato imboccato da qualcuno sarebbe stato sicuramente uno alle prime armi. A me e Sajeva non è mai venuto il sospetto che ci fosse stato un depistaggio”.

(fonte Ansa)