I carabinieri della stazione di Belpasso hanno arrestato la 55enne Patrizia Paratore in esecuzione di un ordine per la carcerazione emesso dalla Procura generale della Repubblica di Catania. La donna, arrestata il 4 maggio 2017 nell’ambito dell’operazione “Araba Fenice”, era considerata parte integrante di quei 15 indagati per associazione di tipo mafioso, estorsione aggravata in concorso e furto aggravato, facenti parte del gruppo di Belpasso.
Il gruppo criminale
L’organizzazione criminale aveva come articolazione territoriale della famiglia di Cosa nostra catanese dei Santapaola-Ercolano, capeggiato da Carmelo Aldo Navarria, anche lui arrestato in quell’occasione e marito della stessa Paratore. Navarria un tempo era uomo di fiducia di Giuseppe Pulvirenti detto “u Malpassotu”.
Le accuse
La donna è stata condannata perché ritenuta colpevole dai giudici di aver fatto parte dell’organizzazione mafiosa e per i vari reati, commessi a Belpasso nel periodo intercorrente tra marzo 2007 e novembre 2015. Dovrà scontare la pena definitiva equivalente ad anni 8 e mesi 10 di reclusione. L’arrestata è stata rinchiusa nel carcere di Palermo Pagliarelli.
I contorni dell’operazione del 2017
Gli investigatori del nucleo investigativo del comando provinciale di Catania, che all’epoca portarono avanti l’indagine, hanno documentato l’ingente volume di affari illegali del gruppo criminale, riscontrando un diffuso condizionamento illecito dell’economia locale, il sistema di gestione dell’attività di spaccio di cocaina e marijuana nonché acquisito elementi di prova in ordine ad estorsioni consumate in danno di imprenditori locali alla perpetrazione di rapine nei confronti di autotrasportatori al fine di agevolare l’organizzazione di appartenenza.
Il boss Navarria
Il gruppo mafioso di Belpasso per anni è stato guidato dal pericoloso e spietato “boss” Carmelo Aldo Navarria, scarcerato e rimesso in libertà nel 2014 dopo 26 anni di reclusione per sei omicidi: negli anni ’80 era considerato lo “spazzino” per la sua propensione a fare sparire i cadaveri degli uomini del clan “Malpassotu” vittime di faide interne.
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