I bimbi migranti scendono dalla nave ‘Phoenix’ della Ong maltese Moas tenendo per mano le loro mamme. Le donne portano con loro coperte e qualche bottiglia di acqua che nell’atteso dello sbarco i volontari hanno offerto loro. Poi ad uno ad uno i migranti maschi.

Il sole è caldo oggi a Catania e i 394 migranti soccorsi nel mare Mediterraneo dopo avere trascorso interminabili ore in navigazione sono stanchi e affaticati. Le loro condizioni di salute non destano particolari preoccupazione.

Con il gruppo di migranti ha viaggiato anche il corpo senza vita di un giovane. 

Era originario della Sierra Leone, aveva 21 anni e viaggiava insieme a un fratello più grande il giovane ucciso da trafficanti libici. Il corpo presenta almeno un colpo di arma da fuoco, verosimilmente una pistola, forse sparato alle spalle.

Non è stato ancora chiarito il movente della tragedia, se legato al rifiuto della vittima di consegnare il proprio cappellino da baseball a un trafficante, che lo ha ucciso per il diniego, secondo quanto riferito da migranti ai soccorritori di Moas.

Ricostruita invece la dinamica: la sparatoria sarebbe avvenuta su un gommone e il corpo è rimasto sul fondo del natante guardato dal fratello. Poi è stato recuperato dai soccorritori.
La squadra mobile della polizia di Stato che indaga su delega della Procura distrettuale di Catania sta sentendo il fratello della vittima, oltre agli altri testimoni. La magistratura, che ha aperto un fascicolo, ha disposto l’autopsia.

A bordo della nave c’è Regina Catrambone, fondatrice del Moas insieme al marito Christopher, che ieri ha reso noto l’episodio.

“Io non lo vedo il procuratore Zuccaro. Noi vorremmo collaborare con tutti – dice Catambrone – Tutti mi chiedono di questo procuratore, ma io non lo conosco e credo che lui non conosca né me né mio marito. Se bisogna fare un’indagine ben venga, ma non gli stillicidi mediatici, facciamoli nelle aule dei tribunali con le porte chiuse e con la secretezza…”.

“Perchè queste domande in questo momento – ha aggiunto Catambrone – che abbiamo sceso il corpo senza vita di un ragazzo di solo 19 anni che è morto per mano dei trafficanti veri. Noi non siamo trafficanti, noi siamo persone che non sono riuscite a restare indifferenti alle morti in mare. E dopo la terribile tragedia delle 368 persone morte al largo di Lampedusa abbiamo partecipato a Mare Nostrum rispondendo anche all’appello dell’Europa che chiedeva un intervento concreto per aiutare l’Italia. Risposta che non c’è stata da nessuno tranne che dalla società civile e da alcuni singoli che eravamo io e mio marito e abbiamo sempre cooperato con tutti con Frontex, con la marina militare italiana. Noi chiediamo rispetto per tutto il personale delle Ong e delle organizzazioni umanitarie che cooperano in mare”.

“Non ho mai ricevuto telefonate da scafisti, noi odiamo i trafficanti di persone. Non ho parlato con nessuno di loro”. Così Regina Catrambone, ribadisce di “non avere avuto mai contatti” con la Libia e di avere invece “sempre parlato con la guardia costiera italiana”.

E se qualcuno ha commesso reati “si lavori, si indaghi”, ma, aggiunge, “basta fango e sciacallaggio mediatici” perché “noi ci mettiamo cuore e passione”.

“Ho visto – aggiunge – una strumentalizzazione da parte dei partici politici. Per cosa poi? Per ottenere più voti? A noi questo non interessa, non facciamo politica, a noi interessa salvare vite umane”. “Per noi la cosa più importante – sottolinea Regina Catrambone – è il sorriso di un bambino che ci ricorda quanto importante sia la vita. Ma tutto questo viene dimenticato per queste polemiche e i media si lasciano strumentalizzare da queste cose”.

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