La seconda sezione Penale del tribunale di Catania, presieduta da Giancarlo Cascino (a latere i giudici Cristina Scalia e Mariaconcetta Gennaro), ha depositato le motivazioni della sentenza con cui alcuni mesi fa ha assolto Antonino Santapaola, 67 anni, fratello del più noto boss Benedetto “Nitto”, nel procedimento derivante dal maxi-processo denominato “Dionisio”. Secondo il tribunale non si sarebbe potuto procedere per il reato di associazione mafiosa, mentre le per accuse di estorsione viene sostenuto che i reati non sono stati commessi.

Una storia iniziata 16 anni fa

Santapaola, difeso dall’avvocato Giuseppe Lipera, fu stato arrestato 16 anni fa insieme ad altri numerosi soggetti, nella nota operazione “Dionisio”, perchè accusato di associazione di stampo mafioso e di quattro diversi episodi di estorsione. Già all’epoca il tribunale della libertà, a seguito di annullamento con rinvio della corte suprema di cassazione, aveva annullato l’ordinanza custodiale nei confronti del Santapaola, rilevando come nel periodo di contestazione dei fatti-reato (dal 2001 al 2003) risultava già soggetto incapace di intendere e di volere, sulla base di perizie che avevano acclarato tale condizione.

Non si poteva procedere

Con il deposito delle motivazioni il tribunale di Catania ha spiegato, accogliendo quelle che sono state le richieste formulate in sede di discussione della difesa, che non si poteva procedere nei confronti dell’imputato per precedente giudicato relativamente all’accusa per il reato di  associazione mafiosa mentre per le quattro ipotesi di estorsione è stato evidenziato che tali reati non sono stati commessi.

Operazione che colpì la cosca Santapaola-Ercolano

La sentenza riguarda gli sviluppi dell’inchiesta denominata Dionisio, scattata 16 anni fa, contro la cosca Santapaola-Ercolano, nell’ambito della quale nel 2005 “Nino” Santapaola era stato arrestato. Il provvedimento di carcerazione fu annullato dopo un ricorso in Cassazione perché l’indagato risultava già nel periodo dei fatti contestati, dal 2001 al 2003, incapace di intendere e volere. Nel marzo scorso venne dichiarato dalla terza corte d’appello di Catania nella sua relazione “incapace a prendere parte scientemente al processo”.

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