I carabinieri della stazione di Gravina di Catania hanno arrestato padre e figlio, di 51 e 21 anni, per danneggiamento, rapina, estorsione e resistenza a pubblico ufficiale. Secondo l’accusa, dopo avere tamponato con un fuoristrada la vettura di un imprenditore, che aveva eseguito dei lavori per loro, lo avrebbero costretto a fermarsi e poi lo hanno preso a schiaffi rubandogli una Fiat Panda e pretendendo 3 mila euro per la restituzione dell’auto.

La denuncia

La vittima ha denunciato l’accaduto ai carabinieri che si sono presentanti alla consegna dei soldi e alla restituzione del mezzo rubato. Alla vista dei militari dell’Arma i due sono fuggiti con un’auto, guidata dal 51enne, rischiando di travolgere un carabiniere. Entrambi sono stati raggiunti nella loro abitazione dove il padre, nonostante abbia ritardato l’apertura della porta d’ingresso, non ha opposto resistenza all’arresto.

Il figlio costituito un’ora dopo

Il figlio, invece, è fuggito lanciandosi da una finestra sul retro della casa da un’altezza di quasi 4 metri, ma si è costituito ai militari dell’Arma un’ora dopo in caserma. L’arresto è stato convalidato e sono stati disposti gli arresti domiciliari.

Gli imprenditori cominciano a parlare

Nel catanese nel marzo scorso un altro imprenditore ha denunciato ed ha fatto arrestare i suoi aguzzini. Ha denunciato l’estorsione e in tre sono finiti in manette. Si tratta di Antonino Alecci, 60 anni, Salvatore Mascali, 45 anni, e Alfio Scuderi di 69 anni. Tutti e tre sono stati accusati di concorso in tentata estorsione aggravata anche dal “metodo mafioso”. Ad eseguire l’arresto anche in quel caso i carabinieri dopo le indagini della Procura distrettuale della Repubblica di Catania, coadiuvata dalla Dda, suffragate dall’ordinanza del Gip del tribunale etneo. In particolare la vittima aveva riferito che,  nel febbraio 2021 durante i lavori di ristrutturazione per l’apertura di un esercizio commerciale insieme ad un giovane socio, si era rivolto ad una ditta specializzata nel rilascio delle certificazioni Hccp di proprietà di Salvatore Mascali. Quest’ultimo lamentò di non aver ricevuto quanto dovuto e anche quando la vittima evidenziò la sua fuoriuscita da soci da quell’impresa continuarono nei suoi confronti le minacce e le vessazioni.

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