Brucia l’aeroporto di Catania. Fiamme, paura e fuga abbiamo scritto un po’ tutti i mezzi di informazione raccontando le fiamme scoppiate poco prima di mezzanotte nell’aerostazione catanese. Fiamme e fumo nero che hanno messo in fuga viaggiatori e turisti. E come poteva andare diversamente.
Il giallo dell’incendio
Ma dietro l’incendio resta un piccolo giallo. A distanza di quasi un giorno dall’insorgere delle fiamme o, volendo essere precisi, a 12 ore dallo spegnimento delle stesse, non si sa ancora cosa abbia causato l’incendio. Un mistero visto che gli aeroporti sono certamente fra le strutture più controllate, video sorvegliate, manutenzionate che esistano. Eppure sappiamo solo che le fiamme si sono sviluppate al piano più basso. Cosa le abbia appiccate non si sa. Dovranno essere le indagini tecniche a spiegarlo ma l’esperienza da cronisti ci dice che, pur se non ufficialmente, a questo punto della storia cosa sia successo bene o male lo si sa. Non in questo caso.
I cronisti pressano e a fronte delle ripetute richieste la risposta dei Vigili del fuoco è secca “Riguardo l’incendio in aerostazione della notte scorsa, nella giornata di domani, si svolgeranno ulteriori e più approfonditi accertamenti tecnici a cura del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Catania, volti a stabilirne, verosimilmente, origini e cause. Dunque, prima della conclusione dei necessari sopralluoghi e delle conseguenti valutazioni, non verranno rilasciate comunicazioni ufficiali da parte nostra” Insomma niente notizie per 48 ore o già di lì.
Il caos dei voli e i danni economici
Ma lasciando da parte le stranezze nella vicenda di cronaca quello che l’incendio all’aeroporto di Catania ha fatto emergere con forza è l’assoluta fragilità del sistema Sicilia.
L’aeroporto di Catania è chiuso, quelli di Palermo e Trapani offrono la loro collaborazione. Anche Comiso può ospitare qualche volo. Ma nonostante ciò il caos è garantito. Nonostante la buona volontà, infatti, il sistema aeroportuale siciliano non è tarato per ricevere il traffico aereo che deriva dalla chiusura di Catania. Non è un caso se la scorsa notte, nell’immediatezza del fatto, il volo Milano Catania non è stato fatto arrivare a Palermo o a Trapani ma è stato fatto atterrare a Fiumicino. Inutile dire che il viaggio si è rivelato quasi inutile per i passeggeri. Qualcosa su cui la politica tutta, a partire da Roma, deve riflettere
La Regione corre ai ripari
La Regione Siciliana, intanto, corre ai ripari per garantire che i voli sospesi siano riprotetti negli scali di Palermo, Trapani e Comiso.
“La Regione, in raccordo con la Sac, la società di gestione dell’aeroporto di Catania, ha attivato un tavolo di coordinamento con Trenitalia, Ast e con le principali associazioni di categoria delle aziende di trasporto pubblico extraurbano – fa sapere l’assessore regionale alle Infrastrutture e ai Trasporti, Alessandro Aricò -. Così cerchiamo di rispondere tempestivamente alle esigenze dei cittadini e dei turisti, riducendo il disagio che in queste ore e nei prossimi giorni sono costretti ad affrontare”
Da oggi e fino al cessare dell’emergenza, saranno attivati collegamenti straordinari tra l’aeroporto di Catania e gli altri scali siciliani attraverso treni e autobus che offriranno il servizio di trasporto gratuito dei passeggeri, grazie alla disponibilità assicurata dai vari attori coinvolti. In caso di eventuali comportamenti anomali delle compagnie aeree, l’assessore Aricò ha già allertato l’Osservatorio regionale per il trasporto aereo – recentemente costituito su iniziativa del presidente della Regione Renato Schifani – con il compito di vigilare sulla regolarità delle iniziative dei vettori.
Un intervento opportuno, ma si continua a ragionare d’emergenza
Un intervento quanto mai opportuno ma che rischia di infrangersi contro problemi atavici più grandi di qualsiasi soluzione. Non c’è solo l’esigenza di riuscire ad ospitare tutti i voli in arrivo e in partenza distribuendoli sugli altri aeroporti ma anche la necessità di organizzare i trasferimenti. Trasferimenti che vanno a cozzare con il sistema stradale e ferroviario di una regione che denuncia carenze gravi da anni e anni.
Proviamo a pensare, solo per fare un esempio, ad un turista lombardo che dove andare nel Ragusano e il cui aereo non può atterrare a Comiso e viene dirottato a Trapani. Dopo aver fatto un volo di un’ora e mezza circa dovrà affrontare qualcosa come 5 ore di autobus o treno (se va bene) o auto se vuole affittarne una. E’ altissima la probabilità che il turista in questione rinunci al viaggio.
Colpo mortale al turismo
In un sistema economico Sicilia che ha nel turismo una delle sua attività principali e che riesce a farla fruttare da 4 a sei mesi l’anno, un danno del genere fra luglio e agosto rischia di essere un colpo mortale. Bisogna evitarlo a tutti i costi ma bisogna anche pensare ad evitare che in futuro una cosa del genere possa ripetersi mettendo a sistema gli aeroporti e sistemando anche infrastrutturalmente l’isola. Ovvietà, si dirà, ma lo si faccia.
Marginali e da spremere
Qualcuno si ricorda l’incendio a Fiumicino? Fu un disastro e fu un danno importante oltre che creare disagi di varia natura. Ma la vicenda fu affrontata e risolta tanto che ne abbiamo un ricordo sbiadito. Di Catania, c’è da temere, ne avremo un ricordo vivido. Il vero problema è che la Sicilia resta marginale nel sistema Italia. Almeno nella visione del sistema paese. Salvo che quando c’è da spremerla. Come accade per il costo dei voli. Insomma quando tutto funzionava (beh, funzionava, diciamo così) allora era facile alzare i prezzi e alzarli ancora e ancora. In fondo i siciliani non hanno altre soluzioni che pagare e sorridere.
E adesso? La Sicilia cercherà di correre ai ripari, ne siamo certi. Ma siamo certi che il sistema Paese non lascerà, ancora una volta, l’isola al suo destino magari approfittando del turista che si può recuperare ad altri lidi?
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