Il Gup del Tribunale di Enna ha condannato il 39enne accusato di avere stuprato una disabile di 26 anni all’Oasi Maria Santissima di Troina. L’uomo, incastrato dal Dna, aveva confessato di avere avuto un rapporto sessuale con la donna, rimasta incinta, durante il lockdown.
Il processo in abbreviato
Nella tarda serata d’ieri, il Tribunale di Enna, a seguito di giudizio abbreviato, ha condannato per violenza sessuale, alla pena di 10 anni di reclusione, un uomo della provincia di Enna, già tratto in arresto dalla locale Squadra Mobile su decreto di fermo d’indiziato di delitto emesso in data 07.10.2020 dalla Procura della Repubblica di Enna, in quanto considerato colpevole di aver violentato una donna disabile ricoverata presso una struttura sanitaria della provincia presso la quale l’uomo prestava servizio in qualità di Operatore Socio Sanitario.
Il racconto della vicenda
I fatti si sono verificati durante il periodo di emergenza connessa alla pandemia. L’uomo, approfittando della distrazione dell’infermiere di turno, avrebbe violentato la disabile, incapace in ragione delle sue patologie di prestare il consenso a consumare un rapporto sessuale e in quel momento affetta anche da Covid19.
La denuncia e le indagini
Dopo la denuncia da parte del difensore della famiglia della vittima, la Squadra Mobile di Enna ha avviato, sotto la direzione della Procura di Enna, una complessa e articolata attività d’indagine tesa a individuare il presunto responsabile. Messo di fronte alle evidenze, l’uomo, in sede d’interrogatorio davanti agli inquirenti e ai Pubblici Ministeri titolari dell’indagine, ha ammesso pienamente le proprie responsabilità.
“Storia squallida”
“Una storia squallida e drammatica”, così la definiva la direzione sanitaria della struttura sanitaria che si trova nell’Ennese che si congratula e ringrazia la Polizia di Stato e la Procura di Enna che ha seguito le indagini. “Una svolta che ha certamente alleggerito il clima di sospetto che in questi giorni si stava diffondendo sia tra gli operatori della struttura, sia tra le tante famiglie legittimamente preoccupate e che vedono nel nostro Istituto un punto di riferimento per la gestione e l’umanizzazione delle cure”.
“Episodio è un unicum”
“Comprendiamo lo sconcerto delle famiglie – diceva l presidente dell’Istituto Don Silvio Rotondo – che è anche il nostro e per i loro parenti qui ricoverati. Vogliamo rassicurare tutti che questo episodio va considerato un unicum che non può intaccare il lavoro professionale di tanti nostri operatori e per tanti anni. Come le nostre famiglie sanno noi ci facciamo carico dei nostri ospiti per ogni cosa, soprattutto per rendere la loro vita più serena.
Voglio sottolineare che nel nostro Istituto spesso sono presenti ricoverati che altre strutture con difficoltà riescono a prendere in carico. Mai i nostri ospiti hanno lamentato fatti del genere e, tranne in questo periodo di Covid, le famiglie possono sempre venire a trovare i loro cari e sono sempre in contatto con i nostri operatori”
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