Tragedia ad Enna. Un sostituto commissario del corpo di polizia penitenziaria, B.N. di 58 anni, in servizio nel carcere cittadino, si è tolto la vita questa mattina in auto mentre si stava recando a lavoro. A dare notizia è il sindacato autonomo polizia penitenziaria Sappe.
Capece, “Una notizia agghiacciante”
“E’ una notizia agghiacciante, che sconvolge tutti noi”, dichiara Donato Capece, segretario generale del Sappe, che ricorda come quello dei poliziotti penitenziari suicidi è “un dramma che va avanti da tempo senza segnali di attenzione da parte del Ministero della Giustizia e del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria”.
“Poliziotti penitenziari abbandonati a loro stessi”
Sui suicidi in divisa, il Sappe rileva come “i poliziotti penitenziari sono lasciati abbandonati a loro stessi, mentre invece avrebbe bisogno evidentemente di uno strumento di aiuto e di sostegno. Lo scorso anno 2021 sono stati 5 i poliziotti penitenziari che si sono tolti la vita, 6 furono nel 2020 ed erano stati 11 nel 2019”.
“Ministero Giustizia ed amministrazione penitenziaria non possono tergiversare”
Numeri “sconvolgenti”, per Capece che aggiunge: “Ministero della Giustizia e Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria non possono continuare a tergiversare su questa drammatica realtà. Servono soluzioni concrete per il contrasto del disagio lavorativo del Personale di Polizia Penitenziaria. Come anche hanno evidenziato autorevoli esperti del settore, è necessario strutturare un’apposita direzione medica della Polizia Penitenziaria, composta da medici e da psicologi impegnati a tutelare e promuovere la salute di tutti i dipendenti dell’Amministrazione Penitenziaria”, conclude Capece. “Qui servono azioni concrete e non le chiacchiere ministeriali e dipartimentali che su tutti queste tragedie non ha fatto e non fa nulla: è vergognoso e inaccettabile!”.
Ad ottobre 2021 sit-in all’Ucciardone, “Un far west gestionale”
A metà ottobre del 2021, un sit-in di protesta davanti al carcere dell’Ucciardone di Palermo venne organizzato da diverse sigle sindacali che definirono i rapporti tra i vertici delle carceri e le organizzazioni di categoria un “far west in Sicilia”. L’iniziativa in seguito alla rottura delle trattative con il provveditore regionale della carceri e con tutti i direttori.
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