Non mise in pratica tutte le misure antiriciclaggio, omettendo quindi i necessari controlli nei confronti della propria clientela. Questa era stata l’ipotesi di accusa che venne avanzata nel novembre del 2020 dalla guardia di finanza nei confronti della Banca di credito Peloritano. Ed oggi davanti al Gip del tribunale di Messina i vertici dell’istituto di credito hanno deciso di patteggiare. Ad essere stata applicata la sanzione pecuniaria di 300 mila euro, facendo leva sulla norma per l’applicazione della pena su richiesta, dunque il cosiddetto patteggiamento.

L’origine dell’indagine

L’istituto di credito messinese finì nel mirino nell’ambito di indagini delegate dalla Procura della Repubblica di Messina. All’epoca venne dato corso a numerose perquisizioni finalizzate ad acquisire fonti di prova in ordine a diverse ipotesi di reato di natura economico-finanziaria, coinvolgenti, tra gli altri, anche la Banca di credito Peloritano spa di Messina. I vertici vennero imputati per responsabilità amministrativa in relazione ai reati di riciclaggio ed impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita. In pratica emerse che vi sarebbe stata una “sistematica omissione di modelli organizzativi, di validi controlli antiriciclaggio ed adeguata verifica della clientela”.

La ricostruzione del quadro probatorio

In particolare, l’oggetto delle investigazioni disposte dalla Procura di Messina e sviluppate dagli specialisti del nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza consisteva nell’assenza di adeguati presidi antiriciclaggio e connessi adempimenti, con particolare riferimento all’anomala operatività bancaria di alcuni clienti caratterizzati da elementi di opacità sotto il profilo soggettivo. Nello specifico, secondo l’ipotesi d’accusa, emergeva come determinate operazioni finanziarie, da ritenersi sospette, non sarebbero state segnalate alla Banca d’Italia: bonifici, giroconti e prelevamenti passati inosservati, senza che le autorità di vigilanza venissero adeguatamente informate.

Non adeguato assetto organizzativo

All’esito delle indagini e di questa sentenza, quindi, riportato il modello organizzativo ai canoni legislativi previsti, l’istituto di credito ha “patteggiato” la pena pecuniaria prevista per la responsabilità dell’ente. A finire sul banco degli imputati il consiglio di amministrazione e la direzione generale pro-tempore della banca perché non avrebbero garantito un adeguato assetto organizzativo, in termini di predisposizione di un efficiente sistema di monitoraggio dell’operatività posta in essere dai clienti a maggior rischio.

 

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