L’ex presidente del Consiglio comunale di Messina Emilia Barrile è stata condannata a otto anni e tre mesi di carcere per corruzione nell’ambito del processo “terzo livello” che ha accertato l’esistenza di un comitato di affari composto da professionisti, politici ed esponenti della criminalità che gestivano la cosa pubblica messinese. La Procura, guidata da Maurizio De Lucia, ipotizzò a carico dei 17 rinviati a giudizio, a vario titolo, i reati di associazione a delinquere, corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio, induzione indebita, accesso abusivo a un sistema informatico e intestazione fittizia di bene. Un solo imputato è stato assolto.
Queste le pene degli altri imputati: Marco Ardizzone, 8 anni e 8 mesi; Giovanni Luciano, 2 anni e 3 mesi; Francesco Clemente, un anno e 3 mesi; Carmelo Pullia, un anno e 8 mesi; Antonio Fiorino, 2 anni e 3 mesi; Daniele De Almagro, 2 anni e 6 mesi; Angelo e Giuseppe Pernicone, 2 anni; Vincenzo Pergolizzi, 5 anni e 6 mesi; Carmelo Cordaro, 4 anni; Michele Adige, 4 anni; Vincenza Merlino, 4 anni; Teresa Pergolizzi, 2 anni e 6 mesi; Stefania Pergolizzi, 2 anni e 6 mesi; Sonia Pergolizzi, 2 anni e 6 mesi. Assolto Leonardo Termini. Secondo i pm Imprenditori, funzionari comunali, costruttori e manager delle municipalizzate avrebbero fatto parte di un d’affari che condizionava a fini privati l’attività del comune. Al centro, l’ex presidente del consiglio comunale Emilia Barrile.
Tra i nomi coinvolti anche quello del direttore generale dell’azienda di trasporti Atm, Daniele De Almagro, che sarebbe stato favorito dalla Barrile in cambio dell’assunzione nella società di un autista, che non aveva i requisiti per svolgere il lavoro, il costruttore Vincenzo Pergolizzi a cui Barrile avrebbe fatto acquistare, grazie alla complicità del funzionario comunale Francesco Clemente, il terreno comunale dove doveva realizzare una palazzina. Tra i condannati anche il commercialista Marco Ardizzone e gli imprenditori Angelo Pernicone e Giuseppe Pernicone, titolari di una società di vigilanza che svolgeva l’attività in occasione di eventi allo stadio.
In cambio di agevolazioni nelle pratiche amministrative la Barrile avrebbe ottenuto l’assegnazione a una coop che controllava della gestione dei punti di ristoro allo stadio. Ardizzone è ritenuto il ‘consigliori’ di Barile. Fin dagli anni 90, secondo gli investigatori, sarebbe stato vicino al gruppo criminale mafioso dei “Mancuso”. Barrile, approfittando del suo ruolo politico, avrebbe fatto avere a una coop che controllava, la “Universo e Ambiente”, il servizio di pulizie dell’Amam, l’Azienda meridionale delle acque.
Alle dipendenze della società è stato assunto con un ruolo di vertice Carmelo Pullia, mafioso del clan Mancuso recentemente scarcerato dopo una detenzione ventennale. Le cooperative riconducibili alla ex presidente del Consiglio, anche grazie a una alternanza tra periodi di lavoro e periodi di disoccupazione gestiti tramite patronati compiacenti, venivano usati come strumento per dare posti di lavoro e acquisire diffuso “consenso popolare”. Dall’inchiesta sarebbe emerso anche il tentativo di Pergolizzi, vicino alla mafia di Barcellona Pozzo di Gotto e sottoposto a misura di prevenzione, di sottrarre, attraverso la complicità di familiari e persone di fiducia, il suo patrimonio al sequestro antimafia e di evitare il recupero del credito erariale, quasi un milione di euro, da cui le sue società erano gravate. Con una serie di “trasformazioni” societarie per mezzo dei propri familiari, ha inscenato fittizie controversie con dipendenti di fiducia, per svuotare fraudolentemente le società di beni e capitali.
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