Sequestrati i beni al cassiere del boss della mafia messinese che fa riferimento al cosiddetto rione Mangialupi. Militari del comando provinciale della guardia di finanza di Messina hanno eseguito un decreto emesso dalla sezione misure di Prevenzione del tribunale al patrimonio mobiliare ed immobiliare per un valore stimato di oltre 300 mila euro. Nel mirino un soggetto, organico al clan sin dal 2013, come accertato nel processo di mafia scaturito dall’operazione “Dominio”, che ha mantenuto inalterato, per lungo tempo, il proprio potere criminale, tanto da conservare i contatti con gli altri sodali al clan o comunque vicini.

Un apparente lavoro normale

Formalmente assunto, prima presso il distributore di carburante intestato alla moglie del capo clan e, poi, presso il tabaccaio riferibile alla famiglia mafiosa, il soggetto colpito dal provvedimento di sequestro era preposto al delicatissimo ruolo di “cassiere”, con disponibilità delle chiavi del locale dove le risorse in contanti erano custodite.

Il forziere molto prezioso

Secondo quanto emerso nei vari procedimenti processuali a suo carico, conclusi in via definitiva in cassazione, l’uomo oltre ad essere il tenutario del “libro di cassa” contenente le indicazioni dei proventi del gioco d’azzardo e delle estorsioni, è stato custode delle somme di denaro contante, per conto del clan. Basti pensare che militari del Gico della guardia di finanza di Messina sequestrarono, nel corso delle indagini, oltre 140 mila euro in un locale di cui questa persona aveva la disponibilità di accesso e ne custodiva le chiavi.

I contatti

Lo stesso, poi, oltre a mantenere i contatti con il commercialista, al posto dei rappresentanti legali (teste di legno) delle attività commerciali del clan, era presente, sempre, in occasione di controlli e sequestri di macchinette videopoker illegali controllate dal sodalizio e posizionate nei vari locali situati a Messina. In particolare, nel 2014, in occasione di un controllo della guardia di finanza, veniva incaricato dal capo clan di far scomparire “tutti i documenti dall’ufficio”. In definitiva, il provvedimento di oggi viene eseguito nei confronti di un soggetto a piena disposizione del gruppo e dei suoi multiformi interessi illeciti, integrando la condotta di chi si trova in “rapporto di stabile ed organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio criminale”.

Patrimonio sperequato

I successivi approfondimenti economico-patrimoniali, quindi, condotti dagli specialisti del Gico del nucleo di polizia economico-finanziaria di Messina, estesi a tutto il nucleo familiare, hanno consentito di disvelare la disponibilità di beni in misura sproporzionata rispetto ai redditi dichiarati, nonché la provenienza di parte degli stessi quale provento o reimpiego dei delitti contestati nei diversi gradi di giudizio. I sigilli riguardano un’unità immobiliare di Messina, un’autovettura, conti correnti e libretti di deposito a risparmio.

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