Blitz all’alba nel Messinese, smantellata una fiorente organizzazione dedicata allo spaccio che era divenuta un riferimento per centinaia di giovani clienti. Undici in tutto gli indagati.

L’operazione

Il blitz all’alba da parte dei carabinieri della compagnia di Patti sulla base di un’ordinanza emessa dal Gip che ha accolto la richiesta della Procura diretta da Angelo Vittorio Cavallo. Degli 11 indagati 8 ai domiciliari e 3 con obbligo di dimora. Le accuse sono di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. L’operazione è il risultato di un’attività investigativa condotta dal nucleo operativo e radiomobile con il supporto della stazione di Piraino. E’ emersa l’operatività di un gruppo di soggetti dediti allo smercio di sostanze stupefacenti del tipo cocaina.

Si gestivano due piazze

Ad essere gestite due distinte piazze di spaccio presenti nell’area di Gliaca di Piraino. I gruppi erano un riferimento per centinaia di giovani assuntori che da loro si rifornivano. L’attività di riscontro ha permesso di sequestrare anche circa 100 grammi di sostanza stupefacente del tipo marijuana, rinvenuta nella disponibilità di uno dei destinatari della misura. Le indagini sono state condotte sia tramite i classici servizi di osservazione, sia attraverso attività tecniche d’intercettazioni telefoniche, ambientali e riprese video. In questo modo è stato possibile ricostruire il circuito di approvvigionamento e spaccio della sostanza stupefacente nell’area tirrenica, in particolare nelle zone tra Brolo e Gioiosa Marea. Ma, soprattutto, si è riusciti a decifrare i particolari “codici” utilizzati dagli indagati nelle conversazioni, nell’evidente timore di essere monitorati dalla forze dell’ordine.

Le comunicazioni tramite social

Infatti è emerso che gli indagati, per comunicare tra loro, utilizzavano applicazioni di messaggistica istantanea, quali WhatsApp e Telegram. Accertato che ad ogni specifico e peculiare linguaggio telefonico, corrispondeva un successivo accesso ad una delle due “piazze di spaccio”, individuate nelle abitazioni di tre soggetti tra coloro che sono indagati. I componenti del gruppo eseguivano verifiche all’esterno delle abitazioni dove avveniva materialmente la compravendita dello stupefacente. Questo per avvistare eventualmente qualche presenza sgradita delle forze dell’ordine. Ma gli stessi pusher fornivano anche suggerimenti e consigli ai loro clienti sui comportamenti da tenere in caso di controlli. Infatti agli acquirenti veniva suggerito di “buttare”, prima di un’eventuale perquisizione, lo stupefacente appena acquistato. Questo per evitare che gli investigatori, in caso di rinvenimento e sequestro dello stesso, potessero risalire al fornitore della droga.

Il “recupero” della dose

In caso gli acquirenti fossero stati costretti a gettare la dose l’organizzazione prometteva di recuperare la “perdita” attraverso un’equivalente fornitura a titolo gratuito, dietro esibizione di copia del verbale della perquisizione. Un altro indagato, per segnalare agli acquirenti la disponibilità dello stupefacente, teneva la luce accesa di una stanza adibita a salotto. Altri spacciatori ricoprivano un ruolo assimilabile a quello dei “riders”. Ricevevano quindi le ordinazioni di stupefacente dalla loro cerchia di amici e conoscenti, recandosi presso il fornitore di turno. Provvedendo, in tempi rapidi, alla consegna “delivery” della sostanza al cliente.

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