I carabinieri per la Tutela ambientale e del Comando Provinciale di Messina insieme ai militari dell’Arma di Catania e Siracusa, stanno dando esecuzione a 16 misure cautelari emesse dal gip, su richiesta della D.D.A di Messina, e a decreti di sequestro preventivo di due impianti di smaltimento e compostaggio di Giardini Naxos (ME) e Ramacca (CT).

L’operazione, che ruota attorno alla società Eco-Beach, ha colpito un’organizzazione criminale che operava nella Sicilia orientale. Gli indagati rispondono, a vario titolo, di associazione a delinquere, corruzione, traffico illecito e smaltimento illecito di rifiuti pericolosi.

Contestati anche i reati di realizzazione di discariche abusive, invasione di terreni, deviazione di acque, falso e abuso d’ufficio. L’organizzazione avrebbe contato sulla connivenza di pubblici funzionari.

L’inchiesta, coordinata dal procuratore di Messina Maurizio de Lucia, ha preso il via nel 2016 e ha portato alla scoperta di un’associazione criminale, con al centro un imprenditore messinese, che avrebbe commesso una serie di reati legati all’attività di smaltimento illecito dei rifiuti, al traffico illecito di rifiuti, oltre a crimini funzionali a nascondere il complesso ingranaggio che nascondeva l’attività illegale della società “Eco -Beach” come il falso in atto pubblico e la corruzione di funzionari pubblici addetti al controllo dell’attività dell’impresa.

Fulcro dell’inchiesta l’attività della società gestore ambientale con sede legale a Giardini -Naxos e stabilimento a Taormina, attorno alla quale è stato sviluppato un complesso meccanismo di collegamento tra imprese del settore dei rifiuti. Gli inquirenti parlano di un patto criminale tra imprenditori, soggetti legati al mondo politico e pubblici funzionari, con una precisa divisione di ruoli.

L’indagine è nata dall’ennesimo straripamento del torrente San Giovanni, a Giardini Naxos. I militari hanno accertato che sull’alveo del corso d’acqua era stata costruita una strada che portava allo stabilimento di stoccaggio della Eco-Beach.

Grazie a ulteriori verifiche si è scoperto che l’insediamento industriale era stato realizzato in zona agricola e che non era mai stata attivata la procedura regionale per ottenere la Valutazione di Impatto Ambientale per il mutamento di destinazione urbanistica del sito. I proprietari della società non avevano neppure dichiarato che l’insediamento era collocato sull’argine del torrente, e che unica via di accesso all’impianto era l’alveo del torrente stesso. Di fatto la Eco-Beach avrebbe operato grazie a controlli mai fatti, autorizzazioni illegittime perché rilasciate da organismi incompetenti.

Articoli correlati