• Il virologo Burioni ha parlato di vaccino a Che tempo che fa.
  • Burioni ha spiegato che non serve misurare gli anticorpi prima della terza dose.
  • Il virologo ha spiegato la differenza tra due vaccini.

“Non serve a niente misurare gli anticorpi prima della terza dose, perché il livello di anticorpi contro il virus che causa il Covid presente nel sangue non è correlato alla protezione. Quindi misurare gli anticorpi e magari decidere di posticipare o non fare la terza dose è una pessima idea”. Lo ha chiarito Roberto Burioni, nel consueto appuntamento di domenica scorsa a Che tempo che fa su Rai 3, il programma condotto da Fabio Fazio.

Il virologo ha spiegato: “Un vaccino è una stimolazione artificiale del sistema immunitario dei pazienti contro un virus. Questo fa sì che quando poi il virus arriva per davvero ci sono tutta una serie di difese che o impediscono l’infezione o, se l’infezione avviene, le conseguenze non ci sono o sono molto più lievi. Ma come si fa a stimolare il sistema immunitario?”.

IL VACCINO CON IL VIRUS ATTENUATO

Per Burioni, quindi, “ci sono due strade: la prima è quella di utilizzare un virus attenuato, cioè si prende un virus, in laboratorio lo si modifica e alla fine si ottiene un virus più buono, si somministra questo virus come vaccino, capace di infettare il paziente alla quale seguirà la malattia in forma lievissima. Virus di questo tipo li usiamo tutti i giorni, come quelli contro il morbillo, la parotite, la rosolia e la varicella. Questi vaccini hanno la caratteristica di suscitare una risposta immunitaria potente proprio perché infettano il paziente senza dare la malattia. Ma hanno anche un problema: sono dei virus buoni, ma sono sempre dei virus, quindi non possono essere somministrati per esempio a una donna incinta perché quel virus pur buono potrebbe far del male al feto, o a un paziente immuodepresso”.

IL VACCINO CON LE PROTEINE DEL VIRUS

“Ci sono poi altri vaccini che sono concettualmente diversi – ha proseguito Burioni – E sono vaccini che non si basano sul virus attenuato ma che contengono le proteine del virus. Per cui i primi sono virus che si replicano, i secondi sono pezzi di virus che pur stimolando il sistema immunitario del paziente, sono proteine inerti. Vaccini di questo tipo li abbiamo contro la poliomielite, l’epatite B, il papilloma virus. Questi vaccini non sono costituiti da un virus che si replica ma da semplici proteine possono essere usate in tutta sicurezza in tutti i soggetti. Però hanno una capacità di suscitare una risposta immune meno spiccata di quelli fatti con un virus che si replica. Con questi vaccini bisogna sempre fare dei richiami. Per esempio quello contro l’epatite B è fatto di tre richiami, quello contro la poliomielite di 4, quello influenzale deve essere fatto tutti gli anni”.

IL VACCINO CONTRO IL COVID-19

Quindi, “il vaccino contro il Covid fa parte concettualmente di questa seconda categoria. Non contiene un virus che si replica, ma qualcosa che fa produrre al nostro organismo un pezzo di virus. Quindi non deve stupirci che possa volerci una terza dose. Questa dose serve ma non facciamoci prendere dal panico. I dati che arrivano dall’osservazione dei vaccinati sono estremamente tranquillizzanti. La protezione in Italia è superiore al 77% contro l’infezione e superiore al 90% contro le conseguenze gravi della malattia. Ma stanno suonando campanelli d’allarme che devono farci allertare”.

“Per esempio, ultimamente sono aumentati i casi tra i sanitari, il che possiamo immaginare possa dipendere dal fatto che sono molto esposti ma anche che sono stati tra i primi ad essere vaccinati. Se poi andiamo a vedere quello che succede tra gli ultra 80enni ci accorgiamo che la protezione nei confronti dei ricoveri in terapia intensiva rimane molto alta ma sta calando”, ha concluso Burioni.

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